Carriera nascente, direzione chiara: una chiacchierata con Gaja Masciale

Intervista a Gaja Masciale, che presto vedremo sul grande schermo nel sequel del film che l’ha lanciata nel mondo della recitazione

Gaja Masciale, classe 1997, nasce a Bitonto e si trasferisce giovanissima a Roma, dove intraprende gli studi che la faranno rendere nota prima nel mondo del teatro, poi del cinema. Si diploma nel 2019 all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica e fa il suo primo esordio nel 2020 al cinema come co-protagonista in “Sul più bello” di Alice Filippi. Nello stesso tempo debutta alla Biennale di Venezia con “About Lolita”, spettacolo ispirato all’opera di Nabokov. Presto la vedremo sul grande schermo nel sequel del film che l’ha lanciata nel mondo della recitazione. 

Com’è nata la passione per la recitazione? 

Ho iniziato a studiare recitazione a 13 anni, in terza media. Ero una ragazzina molto curiosa, mi piaceva provare tutti gli sport e tutte le attività, ma non c’era mai niente che mi creasse dipendenza. Un giorno mia madre mi ha chiesto se volessi partecipare a un corso di teatro qui a Bari. Ero attratta dall’idea di recitare, mi chiedevo sempre “chissà come sarebbe fare un film”; la curiosità mi ha spinta lì, e così è nato tutto. 

Com’è stato iniziare una carriera differente da quella dei tuoi amici? 

La vera differenza l’ho vissuta quando mi sono trasferita da un piccolo paese in provincia di Bari, a Roma. Qui i miei amici non avevano mai condiviso la mia stessa passione per la recitazione, mentre in accademia ho stretto dei legami fortissimi con persone che mi capivano. Loro sono diventati la mia seconda famiglia. Ora la mia vita è cambiata, la frenesia spesso non ti permette di stare a contatto con le persone che ami, ma ha fatto sì che alcuni rapporti si rafforzassero ancora di più. È stata come una scrematura

Sei al principio di una grande carriera, ma essendo ancora molto giovane ti chiedo: qual è il sogno che vorresti realizzare da grande? 

Spero di vedermi sempre impegnata nel lavoro e di non perdere mai la mia curiosità. Vorrei passare da un set all’altro in giro per il mondo, crescere sempre di più, conoscere persone interessanti. Il mio vero sogno sarebbe quello di poter aiutare attivamente qualcuno, magari attuando qualche iniziativa in Africa. Sono molto attratta dal mondo sociale

Ti appassiona più lavorare a teatro o per il grande schermo?

Per me è una domanda difficilissima. Sono sul set e penso al teatro, sono sul palcoscenico e penso al set. Mi piacciono entrambe, sono due realtà molto diverse ma una non esclude l’altra. In teatro le prove molto lunghe ti permettono di costruire il processo del personaggio e sentire l’odore del pubblico in un unico tempo. Il set è tutto frastagliato, non segue un ordine cronologico, la storia te la immagini tu. Spesso ti trovi a recitare scene postume ad altre che non hai ancora girato, quindi il risultato si crea alla fine, come per magia, senza renderti conto. A teatro sei tu in scena con un pubblico che ti guarda. Il cinema è un insieme di maestranze che si uniscono affinché si racconti una storia, ma questa storia la raccontano tutti: il regista, lo sceneggiatore, etc etc

Qual è il ruolo che hai interpretato che più ti ha fatta sentire realizzata come attrice?

Il ruolo a cui sono più affezionata è quello di Federica, il mio primo personaggio al cinema. Sono legata affettivamente perché un po’ mi rappresenta, un po’ no. È una donna giovane ma molto responsabile, che ha un legame forte con i suoi amici. Forse, il momento a cui sono più legata è stato quando abbiamo debuttato con About Lolita alla Biennale di Venezia. Si trattava di una scrittura scenica che ho ideato io, e l’idea di scrivere un testo e recitarlo è stata un’esperienza attoriale forte. Difficilissima, ma meravigliosa.

Se dovessi descrivere il tuo mestiere, come lo definiresti?

Sono ogni giorno sulle montagne russe. Questo lavoro è una giostra, dove un giorno ti diverti e sei super felice, l’altro sei a terra. Credo che solo chi ama il rischio può intraprendere la carriera d’attore, non c’è dubbio. 

Come definiresti l’esperienza al Giffoni?

Il Giffoni è stato il mio primo festival in assoluto. La prima volta che ci sono stata ero completamente stravolta – piacevolmente – dall’entusiasmo dolce, sincero e autentico di tutti i ragazzi che amano il cinema. Si tratta proprio di un momento di confronto con la nuova generazione che è stato bellissimo vivere sulla mia pelle, perché i ragazzi fanno domande interessanti dalle quali nascono bei spunti di dibattiti. Quest’anno ci sono tornata e mi sono ritrovata emozionata come la prima volta, forse ancora di più.

Ringraziamo Gaja per la disponibilità e la gentilezza, facendole un grande in bocca al lupo per la sua carriera!

di Martina Tronconi

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