Rischio di morte e possibilità di rinascita (1° parte)

Si pensa che la psicosomatica sia cosa recente. È un errore, già Galeno nel I sec. D.C., con modernità sorprendente, parla di carcinoma mammario maggiormente incidente nelle donne dal temperamento melanconico. Mente che agisce sul corpo quindi? La risposta è assai controversa. Fornari, noto psicanalista, afferma: “Il tumore diviene una cito-psicosi, una pazzia cellulare che nasce da una ‘depressione dell’anima’ e che si esprime attraverso la perdita delle capacità di riconoscimento e di discriminazione tra cellule proprie e cellule estranee”. Sono certo che più di un oncologo sorriderà a questa affermazione, pensando ai noti fattori di rischio – ambientali e genetici – della malattia oncologica che nulla hanno a che vedere con una “depressione dell’anima”. La soluzione pare essere salomonica: “La ricerca di una relazione causa-effetto è inutile: tra fenomeni psicologici e fisiologici il rapporto è di complementarietà; entrambi sono ‘simultaneamente occorrenti’ in una configurazione totale” affermano Bahnson e Bahnosn sul finire degli anni ’60. Complementarietà, causalità circolare, retroazione; termini assai diffusi e probabilmente adeguati nel guidarci oltre il vecchio e semplicistico rapporto di causa-effetto. Nel caso di specie essi ci invitano a combattere e prestare aiuto sui due fronti: mente e corpo. Ma quale è la condizione psichica del malato? Credo Marguerite Yourcenar l’abbia magistralmente descritta nel suo romanzo “Memorie di Adriano”; un breve stralcio della lettera di Adriano all’amico Marco mi pare eloquente: “È difficile rimanere imperatore in presenza di un medico; difficile anche conservare la propria essenza umana: l’occhio del medico non vede in me che un aggre­gato di umori, povero amalgama di linfa e di sangue”. Ecco la malattia togliere il soggetto dal suo posto nel mondo, fosse anche quello di imperatore, mostrargli improvvisamente la sua fragilità e ricordargli in modo perentorio la sua provvisorietà. Tutto ciò lascia dunque spazio solo per la depressione e il senso di impotenza? Non si direbbe. Adriano continua dicendo “…nell’ambito di quei limiti invalicabili di cui t’ho fatto cenno poc’anzi [la morte], posso difendere la mia posizione palmo a palmo, e persino riconquistare qualche pollice di terreno perduto!”. Indomabile desiderio di vita quindi, non delirio di onnipotenza, ma reale possibilità di rinascita. Con termini meno suggestivi, nel 1980, l’ American Cancer Society riconosce ufficialmente davanti alla comunità medica la necessità dell’ integrazione tra scienze psichiatriche, psicologiche ed oncologiche nella lotta contro il cancro. Battezza psiconcologia l’interfaccia tra queste scienze e le assegna il compito di ridurre l’impatto psicologico e sociale della malattia sul paziente, sulla sua famiglia e sull’ équipe curante e di studiare il ruolo dei fattori psicologici e comportamentali nella prevenzione, nella diagnosi precoce e nella cura delle neoplasie. Continuerò il discorso qui avviato con la presentazione di un caso clinico.

Marco Farina

Psicoterapeuta

Lascia un commento

Your email address will not be published.