In arrivo al cinema il 28 maggio, “La trama fenicia” è la nuova fiaba surreale firmata Wes Anderson: un viaggio tra famiglia, segreti e libertà cercata.
Come di consueto, Anderson è capace di lasciare addosso allo spettatore sensazioni intricate, come se il film gli avesse detto qualcosa senza dirtelo davvero. La narrazione incorniciata dalle inquadrature perfette, si abbina perfettamente a tutto il resto (trama, colori e personaggi), in un susseguirsi di scene che danzano davanti agli occhi come in un sogno un po’ storto.
Il protagonista è Zsa-zsa, un uomo che ha visto il mondo dall’alto (letteralmente: ha avuto sei incidenti aerei e li ha superati tutti) e decide, in un impeto di malinconica lucidità, di lasciare tutto alla figlia che non vede da tempo. Lei, una suora che ha scelto il silenzio e la fede, si ritrova all’improvviso travolta da una storia assurda fatta di eredità, terroristi e corse nel deserto.
Ma non è un film d’azione. Non è nemmeno una vera e propria commedia. È un viaggio. Una riflessione. Un film che ti fa ridere, ma anche un po’ stringere il cuore. Perché sotto ai colori brillanti, ai dialoghi surreali e alle inquadrature perfette c’è un messaggio che ci riguarda tutti: quello di trovare, in mezzo al rumore del mondo, la nostra voce. E magari anche il coraggio di usarla.
Colpisce il modo in cui Anderson racconta la distanza tra genitori e figli, la fatica di conoscersi davvero e la possibilità, sottile ma possibile, di ritrovarsi, anche quando sembra troppo tardi. C’è qualcosa di tenero e al tempo stesso amaro in questo film, come se ci ricordasse che la vita è una faccenda complicata e bellissima, da cui nessuno può tirarsi fuori.
E poi, che dire? Visivamente è una meraviglia. Ogni scena è una tavola illustrata, ogni gesto sembra coreografato da un sarto della malinconia. Ma non è solo estetica: è uno sguardo poetico sulle fragilità umane.
“La trama fenicia” non è per chi cerca risposte, ma per chi ama le domande. Quelle che ti restano addosso per giorni, magari mentre stai salendo su un treno o guardando fuori dal finestrino, e ti chiedi: “Chi sono davvero le persone che amo? E io, dove sto andando?”