Una domanda semplice, brutale, che si insinua come un tarlo nella coscienza dello spettatore. È da qui che prende vita il nuovo thriller psicologico firmato da Davide Sacco, portato in scena da due interpreti d’eccezione: Lino Guanciale e Francesco Montanari. Due volti noti del teatro e della televisione italiana si confrontano in un duello serrato, senza esclusione di colpi, dove l’etica si dissolve e la morale si fa labile sotto il peso del male e della sopravvivenza.
Un gioco perverso tra vittima e carnefice
Siamo all’interno di una stanza spoglia, in un capannone abbandonato. Un setting minimalista che diventa un campo di battaglia interiore. Seduto a una scrivania c’è Paolo Veres, interpretato da Montanari: miliardario, proprietario della più grande azienda di armi d’Europa, figura oscura e temuta, soprannominato “l’uomo più crudele del mondo”. Davanti a lui, un giovane giornalista (Guanciale), apparentemente lì per un’intervista, ma presto coinvolto in un dialogo che scivola dal giornalismo all’abisso della psiche umana.
La proposta è semplice quanto agghiacciante: uccidere Paolo Veres per un miliardo di euro. Una sfida morale estrema, che apre un confronto inquietante su giustizia, vendetta, potere e corruzione. Chi è davvero la vittima? Chi il carnefice? E soprattutto, fino a che punto può spingersi un essere umano se messo davanti alla possibilità concreta di cambiare la propria vita, o quella del mondo, con un solo gesto estremo?
Un testo che graffia la coscienza
La penna di Davide Sacco costruisce una drammaturgia tesa, claustrofobica, fatta di parole che colpiscono come proiettili e silenzi carichi di tensione. Lo spettacolo si muove sul confine tra teatro civile e noir psicologico, riportando al centro del palco grandi temi universali: la colpa, il perdono, il senso della giustizia.
Guanciale e Montanari offrono una prova attoriale intensa e misurata, capace di tenere incollato il pubblico dall’inizio alla fine. I loro personaggi si trasformano sotto i nostri occhi, svelando verità sepolte, ambiguità morali e ferite mai rimarginate.
Un finale che ribalta tutto
Nel crescendo emotivo e narrativo, ogni certezza viene messa in discussione. Il finale invita lo spettatore a guardarsi allo specchio e chiedersi: “Io, cosa avrei fatto?”. Non c’è spazio per soluzioni facili. C’è solo una verità scomoda, che ci interroga sul nostro lato oscuro.
Questo spettacolo si candida a essere uno degli eventi più forti e stimolanti della stagione teatrale. Non un semplice dramma, ma un’esperienza emotiva e intellettuale che lascia il segno.
