Jean-Luc Godard: regista della propria vita

Ricco di scene e di backstage sui suoi set, la biografia realizzata da Cyril Leuthy si rivela una fotografia di un Godard insolito, sentimentale, che sorprende e si libera dalla figura caricaturale che spesso gli è stata affidata

di Maria Giulia Gatti

Il documentario presentato a Venezia 79

Si intitola “Godard seul le cinéma” e arriverà presto al cinema, a seguito della presentazione all’interno del concorso cinematografico “Venezia Classici”. Dopo la Mostra del Lido, come anticipazione del Filmmaker Festival, il documentario è stato proiettato al cinema Arlecchino di Milano lo scorso 11 ottobre, a quasi un mese dalla morte del regista franco-svizzero, avvenuta il 13 settembre per sua scelta.

“Godard seul le cinéma” si dichiara come la sua prima biografia definitiva; scritto e diretto da Cyril Leuthy, il film è composto da archivi, estratti di pellicole e interviste a diverse personalità, come Macha Meril, Marina Vlady, Romain Goupil, Julie Delpy, Daniel Cohn Bendit, Nathalie Baye, Hanna Schygulla.

JLG: contrasti e provocazione

Il regista è stato uno dei protagonisti della Nouvelle Vague, insieme a Truffaut, Rivette e Rohmer e uno dei simboli del cinema di tutti i tempi. Il documentario ripercorre non solo la sua carriera, ma desidera anche mostrare l’uomo dietro la cinepresa; un autore misterioso e carismatico allo stesso tempo, alla continua ricerca del rinnovamento per la sua arte, sperimentando tutto il possibile.

Jean-Luc Godard esordisce nel 1960 con “Fino all’ultimo respiro” (“À bout de souffle”), considerato il manifesto della Nouvelle Vague; con questo film il regista sconvolge le regole fino ad allora seguite nel cinema, sintomo di un cambiamento avvenuto anche nella società del tempo.

Seguono altre numerosissime opere (si contano 140 film all’attivo), sempre testimoniate in “Godard seul le cinéma”, come “Ro.Go.Pa.G.”, “Il disprezzo”, “Bande à part”, “Agente Lemmy Caution: Missione Alphaville”, “Due o tre cose che so di lei”, “Crepa padrone, tutto va bene”, “Si salvi chi può (la vita)”, “Prénom Carmen”, “Je vous salue Marie”.

Ricco di scene e di backstage sui suoi set, la biografia realizzata da Cyril Leuthy si rivela una fotografia di un Godard insolito, sentimentale, che sorprende e si libera dalla figura caricaturale che spesso gli è stata affidata. La regista ha dichiarato, infatti, che con questo film ha voluto “esplorare un artista che, più di molti altri, ha una vera e propria fede nella propria, concentrandosi più sull’uomo che sul suo cinema, “ma quando si parla di Godard, cinema e vita si fondono”.

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