Huge Hackman e Laura Dern nel nuovo film di Zeller

Dopo “The father” arriva “The son” sul tema della depressione. In concorso a Venezia79

di Anna Beggio

Il drammaturgo torna alla regia 

Il drammaturgo Zeller ritrova la collaborazione con Christopher Hampton per mettere in scena un’altra opera  della sua trilogia teatrale, comprendente “The father”, “The son” and “The mother”.  

Se il precedente stupiva e commuoveva per come riusciva a raccontare l’alzheimer facendoci entrare dentro la malattia, questa volta si misura con il problema della depressione, e su quello che si vive in una  famiglia quando colpisce un giovane figlio. Il tema non è facile, ma è anch’esso un problema diffuso di cui si  parla troppo poco, essendo sempre molto delicato.  

Zeller sceglie di raccontare le problematiche di due genitori divorziati, in difficoltà nei confronti dei bisogni del figlio e la graduale perdita di contatto tra di loro e quest’ultimo. Forse, rispetto a “The Father”, questa volta era più necessario contestualizzare maggiormente la narrazione, ed emergono i primi problemi di trasposizione teatro-cinema, ma il film riesce comunque a commuovere e far pensare.  

Ancora una volta, come in “The father”, è l’inesorabilità dell’evento il contesto taciuto su cui si dipana l’azione scenica. Zeller lo eredita indubbiamente dal teatro, laddove è più importante il movimento degli attori sul palco, rispetto al resto che rimane immobile. Ma attenzione a confondere ciò con mancanza di  narrazione: l’evento nel teatro accade nell’invisibile, e Zeller è in grado, come aveva già dimostrato con “The father”, di trasporre questo meccanismo nel cinema.  

Il palco è la mente 

Lo stile è minimalista, la telecamera non si prende grandi libertà e anche questo è un’indubbia influenza teatrale. Le interpretazioni sono molto intense (spiccano Hugh Jackman e Laura Dern), ma anche il giovane Zen McGrath riesce a calarsi nel difficile ruolo del figlio.  

Colpisce come Zeller, anche in questo film, giochi con la compenetrazione ricordi/immaginazione/realtà.  Più volte il padre rievoca il ricordo dei momenti in cui insegnava a nuotare al figlio, ma tale ricordo viene spezzettato e raccontato a ripresa, quasi come se proseguisse a pari tempo con gli eventi del presente. Accade così questo paradossale movimento per cui, da contraltare al succedersi improvviso degli eventi,  prende vita lentamente questo ricordo.  

Ancora una volta Zeller non può fare a meno di raccontarci la magia dei ricordi intensi, sulla forza della loro autenticità.

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