Homo faber fortunae suae? Questa è la domanda

Orgoglio e pregiudizio

 

Mi permetto di introdurre l’argomento principale di questo articolo, raccontandovi brevemente una delle più note storie d’amore della cultura anglosassone, tale Orgoglio e Pregiudizio, il meraviglioso romanzo di un’autrice altrettanto superba, quale Jane Austen.

Orgoglio e Pregiudizio è la tenera storia di una giovane donna, Elizabeth e di un aitante uomo, Darcy. Lei è la seconda figlia dei coniugi Bennet, proprietari della tenuta di Longbourn nell’Hertfordshire, che essendo genitori di cinque ragazze e neppure un erede maschio, fanno di tutto per salvaguardare il loro patrimonio imbastendo lo sposalizio di una delle loro figlie.
Dopo alcune vicissitudini, Jane, la bella primogenita si innamora del signor Bingley, mentre Elisabeth, la protagonista pregiudiziosa, imbastisce uno strano rapporto di attrazione ed odio con l’orgoglioso Darcy.
Piccoli malintesi fanno si che i due protagonisti, poco dopo la rivelazione di un sincero accenno di intesa si dividano, interpretando questo, come un addio definitivo.
Elisabeth, per cambiare aria, decide di partire in vacanza con i suoi zii nel Derbyshire. I due attempati signori scelgono di portare la nipote a far visita alla tenuta di Pemberley, di proprietà di Dercy, il quale è però momentaneamente assente.
In realtà, per puro Caso, Darcy decide di tornare alla tenuta prima del tempo prestabilito e qui ha modo di incontrare di nuovo Elisabeth, e tentare di riconquistarla.
E’ proprio in questi luoghi, che tra i due sboccia un amore sincero ed irresistibile, tanto che poi… come giustamente ci si aspetta, questo sentimento sboccerà in un lieto matrimonio. Fine.

Una storia senza dubbio avvincente e lacrimevole ma anche teneramente scontata, perché si sa… che alla fin fine tutti i lettori sperano e si attendono un lieto epilogo. Ma se, riflettendoci un po’ su, provassimo ad immaginare che questa storia non sia frutto di fantasia dell’autrice ma una reale vicenda d’amore…. e che, la giovane Elisabeth, per un motivo o per un altro, quando gli zii le avessero chiesto di accompagnarli del Derbyshire, lei avesse rifiutato preferendo investire il tempo in intelligenti letture…. non avrebbe mai scoperto quel lato così dolce e genuino di Darcy, o se, ugualmente possibile, lo stesso Darcy, fosse stato trattenuto da un qualsiasi avvenimento e non fosse ritornato nella sua tenuta di Pemberley prima del tempo per incontrare Elisabeth, allo stesso modo … le rose del loro celato sentimento non sarebbero mai sbocciate.

Tutta questa riflessione, probabilmente inattesa in una rubrica di Cinema, ci serve in realtà per introdurre il tema fondamentale di un film di produzione Britannico-Statunitense, quale il famoso Sliding Doors, opera prima del regista Peter Howitt.

Il tema che Howitt approfondisce nel suo film e che noi andremo ora a sviscerare consiste nell’ Effetto Farfalla, che allude all’idea che piccolissime variazioni nelle condizioni iniziali producano enormi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema.

Howitt, non fu di certo il primo a portare questa questione sul grande schermo, anzi… diciassette anni prima di lui, nel 1981, il regista Krzysztof Kieslowski realizzò il lungometraggio Destino Cieco, che concentrava l’interesse del pubblico sulle tre ipotetiche vite del protagonista Witek, generate da un fortuito incidente in una stazione ferroviaria.
Howitt, con la sua protagonista Helen, e Kiwslowki, con Witek, sottolineano il peso che la casualità assume nella vita di qualsiasi essere vivente.

Il termine Effetto Farfalla deriva dall’ immaginazione che un semplice movimento di molecole d’aria generato dal battito di ali dell’elegante insetto possa causare una catena di movimenti di altre molecole fino a scatenare un uragano. Non a caso, il film di fantascienza diretto da Eric Bresse e J. Gruber si chiama proprio The Butterfly Effect e racconta di Evon, il quale possiede un particolare potere che gli permette di modificare gli eventi e dare origine a diversi destini.

Ma allora la vera domanda è: siamo noi gli artefici del nostro destino, o le scelte di ognuno di noi si ripercuotono nel destino di tutti gli altri lasciandoci in balia degli eventi?

Secondo il filosofo statunitense Thoreau, è ciò che l’uomo pensa di se stesso a regolare ed indicare il suo destino.
Più scientificamente invece per Alan Turing e Edward Lorenz, è tutta una questione di molecole ed elettroni, tanto che un battito di ali di un gabbiano è sufficiente per alterare il corso del clima per sempre.

Lasciandovi liberi di interpretare queste teorie e rispondere al sopracitato quesito esistenziale, vi saluto sfruttando il messaggio lanciato da Osho Rajaneesh, famoso maestro spirituale indiano : “accettare l’esistenza del fato comporta il suicidio, in quanto toglie ogni responsabilità dell’essere
<< Non lo so se abbiamo ognuno il suo destino o se siamo tutti trasportati in giro per caso come una brezza, ma io credo, può darsi le due cose, forse le due cose capitano nello stesso momento>> Forrest Gump

 

di (Giulia Betti)

 

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