Le sirene oggi hanno nuovi volti: sono le opere d’arte. Ci attirano, ci ammaliano, ci chiamano a sé con il loro silenzioso magnetismo. È da questo incanto che prende vita Il mondo non merita la fine del mondo, il libro di Maria Vittoria Baravelli, curatrice e critica d’arte, che ci guida in un viaggio visivo e sentimentale attraverso secoli di bellezza, per dimostrarci che finché l’arte esisterà, la fine del mondo non potrà davvero arrivare.
Un libro che è dichiarazione d’amore e resistenza, un manifesto per chi crede ancora nel potere delle immagini, dei dettagli, delle emozioni custodite nei capolavori del passato e nelle installazioni contemporanee.
Un atlante inedito tra archeologia, fotografia e cinema
Baravelli non si limita a raccontare l’arte: la attraversa con lo sguardo curioso e profondo di chi sa accostare il passato al presente, l’antico al contemporaneo, l’archeologia al cinema, la pittura alla fotografia. Le sue pagine mescolano con naturalezza Caravaggio e Vincent Peters, Gabriele Basilico e installazioni immersive, in un susseguirsi di accostamenti sorprendenti ma sempre significativi.
Ogni opera è una soglia, un’occasione per entrare in un’altra dimensione, per sentirci vivi, connessi, parte di una storia più grande.
L’arte si vive dal vivo: una difesa appassionata dell’esperienza reale
In un’epoca dominata dalla fruizione digitale, Il mondo non merita la fine del mondo prende posizione. Per Baravelli, l’arte non è uno scroll su Instagram, ma un incontro reale, fisico, fatto di passi lenti tra le sale di un museo, di occhi che si fermano, di silenzi. È così che un’opera ci entra dentro e non ci lascia più.
Un’idea semplice, eppure rivoluzionaria, che invita a riscoprire la sacralità del vedere con presenza, perché solo così possiamo davvero entrare in dialogo con ciò che guardiamo.
“Immortalità all’indietro”: l’arte come ponte tra tempi
Citazioni raffinate e pensiero profondo fanno di questo libro un piccolo saggio sentimentale. Maria Vittoria Baravelli fa sua una frase di Umberto Eco: “osservare un’opera è come entrare in una ‘immortalità all’indietro’”, dove il tempo si confonde e lo sguardo dell’artista si incrocia col nostro. È lì che si compie la magia: ci ritroviamo dentro la storia, pur restando qui.
Con uno stile limpido e appassionato, Baravelli costruisce un archivio di incanti, un atto di fede verso la bellezza e la cultura, contro ogni forma di apocalisse interiore e collettiva.