Wangechi Mutu porta la sua mostra “Poemi della terra nera” a Galleria Borghese – Gilt Magazine

Wangechi Mutu porta la sua mostra “Poemi della terra nera” a Galleria Borghese

Alla Galleria Borghese, Wangechi Mutu ridefinisce lo spazio museale con sculture sospese, materiali organici e miti contemporanei.

a cura della Redazione

Alla Galleria Borghese, l’arte contemporanea incontra la memoria in una mostra che ripensa lo spazio, la materia e il mito. Con Poemi della terra nera, Wangechi Mutu porta il suo sguardo visionario in uno dei luoghi più simbolici dell’arte barocca, trasformandolo in un territorio sospeso tra passato e possibilità.

Una nuova grammatica dello spazio

Le opere di Mutu si insinuano tra le sale e i giardini, ma non per sovrapporsi: dialogano, si sospendono, si confrontano. Le sculture sembrano fluttuare accanto alla collezione permanente, generando uno scambio tra stili, epoche e sensibilità. Bronzo, piume, terra e cera si fondono in figure che sfidano la gravità, evocano storie dimenticate e aprono varchi nella narrazione museale tradizionale.

La terra come memoria e rinascita

Il titolo stesso, Poemi della terra nera, richiama una materia simbolica e fertile, origine e fine di ogni trasformazione. Il bronzo, elemento centrale del linguaggio plastico classico, viene reinventato da Mutu per farsi veicolo di memorie collettive e personali. Le sue sculture, spesso ibride, sembrano nate da un rituale antico, tra visioni africane e immaginari universali.

Sculture che abitano il paesaggio

Il percorso espositivo si estende all’esterno: figure come The Seated IThe Seated IV e Water Woman popolano i giardini in una sorta di mitologia contemporanea. Queste presenze, umane e al contempo archetipiche, intrecciano forza e fragilità, radici e futuro. Il video The End of Eating Everything completa il racconto con immagini viscerali e simboliche.

Il suono come corpo poetico

Non solo materia: anche la parola, il ritmo e il suono diventano strumenti scultorei. In opere come Grains of War, il testo prende forma e peso, rievocando lotte, resistenze, coscienze. È un’arte che si ascolta oltre che si guarda, che invita a un’attenzione diversa, interiore, quasi meditativa.

Un epilogo di quiete e riflessione

A chiudere idealmente il percorso è una figura distesa, Shavasana I, ispirata a un gesto di abbandono e insieme di rispetto. L’opera, installata all’American Academy in Rome, richiama il corpo nella sua vulnerabilità e nel suo diritto alla pace. Una conclusione silenziosa, profonda, che invita a rallentare, a sentire, a ricordare.

Con questa mostra, il linguaggio di Mutu apre la Galleria Borghese a nuove visioni, in cui il tempo, la materia e l’identità si intrecciano per raccontare qualcosa che riguarda tutti: il bisogno di trasformare e di essere trasformati.

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