Marco Malvaldi: lo scrittore che voleva diventare scienziato

Marco Malvaldi è il protagonista della nostra nuova intervista. Scrittore italiano originario di Pisa, da sempre conserva nei suoi scritti la magia della sua Toscana, il suo fascino, la sua bellezza, ma al tempo stesso il suo sinistro tentativo di celare lati oscuri: piccoli elementi capaci di renderla unica come poche altre terre del nostro Paese. Giallista di natura, riesce a ondeggiare con leggerezza tra racconti come “Non si butta via nulla” o “Donne con le palle” e romanzi, come il suo ultimo “Negli occhi di chi guarda” o “Argento vivo” del 2013.

Da vero scrittore sa che ogni vita è una storia a sè: qual è la sua? Come nasce la sua passione per la scrittura o meglio per il giallo? Ha da sempre saputo di voler diventare uno scrittore?

La mia è la classica vita di chi studia per fare qualcosa e si ritrova a fare qualcos’altro. Io sognavo di fare lo scienziato, e quindi mi sono laureato in chimica. Durante la tesi di laurea ho cominciato a scrivere il mio primo giallo esclusivamente per tentare di mantenere la sanità mentale. Non credevo che sarebbe mai stato pubblicato. E, come è ovvio, non avevo la minima intenzione di fare lo scrittore. È successo.

Lei per lo più ambienta le sue storie nel paese di Pineta, in Toscana. Cosa c’è invece di “oscuro” nella sua Toscana?

Parecchie cose. C’è un senso molto forte di amicizia, che spesso viene frainteso. C’è una tendenza a giudicare una persona più per quello che dice che per quello che fa, e questo può essere davvero pericoloso. Infine, c’è una smodata tendenza a parlare troppo. Quando si fa del cabaret, questa può essere un’ottima cosa; quando si scade nel gossip, invece non so…

Il motivo dell’omicidio ricorre spesso nei suoi lavori, come per esempio ne “Il telefono senza fili” o ne “Il gioco delle tre carte”. Cosa c’è di affascinante nel parlare di questa tematica? Cosa porta uno scrittore ad abbracciare un argomento così delicato e complesso al tempo stesso?

Io non lo trovo un argomento delicato, o almeno, all’interno dei miei libri non lo è. Per me i gialli, gialli classici, sono intrattenimento. I miei morti sono morti di carta. Per me il giallo è un esercizio intellettuale; mi interessa accompagnare il lettore a cercare di capire chi ha ucciso qualcuno e perché, dandogli tutte le informazioni necessarie ma al tempo stesso tentando di fregarlo. Non ho intenzione di investigare il lato oscuro della società. Voglio solo fare intrattenimento.

Che ruolo ha l’umorismo all’interno dei suoi scritti?

Beh, io mi considero un umorista e non un giallista, e credo che questo dica tutto. La base dell’umorismo è che non deve essere palese nelle intenzioni; il modo migliore per non fare ridere qualcuno è metterlo sull’avviso, dirgli “ti racconto una barzelletta”. Viceversa, se si parla di omicidi, il lettore non si aspetta che ci si possa scherzare su, e quindi il divertimento, il cambiamento di direzione, è più inaspettato e funziona di più.

Quali scrittori la influenzano? Ne esistono alcuni che non appartengono al suo “repertorio”?

Mi sono sempre piaciuti i grandi giallisti classici, come Agatha Christie, Rex Stout, Patricia Highsmith. Poi ho sempre avuto un debole per i grandi narratori, per i maestri dello stile, che non importa di cosa parlino e sono affascinanti comunque. Italo Calvino, Primo Levi, Carlo Emilio Gadda: tutti scrittori che avevano da dire cose non banali, in più le dicevano bene. Infine, sono un drogato di poesia, particolarmente di poesia rinascimentale. Non ci sono scrittori che non frequento, piuttosto generi: può far ridere, ma a me ad esempio il noir non piace…

Da scrittore, quale consiglio vorrebbe dare ai nostri lettori che sognano di intraprendere una carriera come la sua?

Il consiglio più semplice e più sincero di tutti: scrivere non è un lavoro. Se uno ha qualcosa da dire, allora è bene che lo scriva. Se uno non ha niente da dire, allora è bene che lasci perdere. Ma se proprio uno vuole fare lo scrittore, c’è una cosa che non può permettersi di non fare: leggere. Leggere tantissimo. Tutti i grandi scrittori sono stati grandi lettori.

Un ringraziamento speciale a Marco Malvaldi per la sua disponibilità e professionalità!

di Federica Giampaolo

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