L’immensa carriera di Doriana Fuksas: tra ricerca continua e innovazione

A tu per tu con l'illustre protagonista del mondo dell'architettura Doriana Fuksas, che si racconta a Gilt attraverso una piacevole intervista

Doriana O. Mandrelli in Fuksas nasce a Roma, città che farà da cornice ai suoi primi successi accademici con la laurea in Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea presso l’università “La Sapienza”. Conosce da giovanissima l’architetto Massimiliano Fuksas con il quale inizia a collaborare e, qualche anno dopo, si laurea in Architettura all’ESA di Parigi. Insieme sono artefici di progetti d’architettura e di infrastruttura di risonanza mondiale e nel 2000, in occasione della VII Biennale Internazionale di Architettura di Venezia “Less Aesthetics, More Ethics”, Doriana Fuksas cura quattro progetti speciali: Jean Prouvé, Jean Maneval, il Padiglione della Pace e dell’Architettura degli Spazi e la sezione di arte contemporanea. Due anni dopo viene insignita dell’onorificenza o di Officier de l’Ordre des Arts et des Lettres de la République Française, nel 2013 di “Commandeur de l’Ordre des Arts et des Lettres de la République Française” e nel 2020 “Chevalier de l’Ordre de La Légion d’honneur Française”.

Riguardo la tua formazione, quando ti sei iscritta al corso di Storia dell’Architettura Moderna e Contemporanea a “La Sapienza”, qual era il tuo progetto di vita?

Per la verità, mi ero iscritta al corso di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea, ma, fin dall’inizio, il mio interesse era più rivolto all’architettura, tanto è vero che mi sono laureata con una tesi in Architettura. Certo, avrei potuto anche cambiare facoltà, ma, ho preferito completare il percorso iniziato, anche perché, l’arte, sia quella moderna che la contemporanea mi ha sempre appassionato. È solo dopo la laurea, anni dopo, che ho deciso di proseguire la mia formazione come architetto. Nel frattempo, ero già sposata con Massimiliano, e avevo una bambina, Elisa, vivevamo a Parigi. Mi sono iscritta a l’école Spéciale d’Architecture, ma lavoravo già a studio. Devo dire che ho iniziato dai progetti più piccoli, da quelli che ‘sceglievo’, da quelli che credevo di poter controllare meglio. È solo con l’esperienza che ho capito che la difficoltà di un progetto non è dovuta unicamente alla scala ma a tanti altri fattori.

Si parla spesso di architettura e di design come due lati della stessa medaglia. Ti sentiresti di definirli in questo modo?

Comunemente si è sempre data al design la connotazione del molto piccolo e all’architettura il disegno del molto grande. Per me il processo creativo per la progettazione di un edificio o di un oggetto è lo stesso: si parte dallo schizzo, la realizzazione di un modello per definire caratteristiche e fattibilità, esattamente come avviene per un edificio. Anzi a volte, disegnare un oggetto piccolo, è anche più complesso di un edificio, un oggetto lo puoi tenere in mano, lo puoi osservare sotto tutti i punti di vista: deve essere perfetto, l’errore non lo sopporta, e io neanche.

Qual è, quindi, la differenza tra l’essere un architetto e un designer?

Che una distinzione fra architetto e designer sia da almeno un secolo oggettiva mi sembra chiaro. L’architetto e il designer si occupano di cose molto differenti tra loro. Almeno questo sembrava. Oggi si è quasi raggiunta una figura ibrida di creatore che passa dalla grande scala alla piccola scala e viceversa. Rimane, in altri termini, che l’autonomia del design ha superato i limiti che si era data per conquistare settori e orizzonti omogenei a forme di vita più complesse.

Studio Fuksas è considerato uno dei principali protagonisti della scena architettonica contemporanea dagli anni ’80. Come pensi si sia evoluto questo settore da quando hai iniziato, fino a oggi?

Il nostro lavoro è sempre stato concentrato sulla ricerca continua e sull’innovazione in senso ampio. Naturalmente con l’evoluzione tecnologica e digitale sono stati fatti degli enormi passi in avanti in termini progettuali e tecnici, noi abbiamo sempre incluso questo progresso continuo nel nostro lavoro; l’evoluzione è costante, legata alla ricerca di nuove forme, materiali, ma anche di colori, atmosfere. Inoltre, sostenibilità ambientale e l’inclusione di fonti rinnovabili di energia accompagnano ormai da anni le nostre architetture. Ma l’elemento costante del nostro lavoro è sicuramente l’attenzione all’uomo e alle sue necessità: gli edifici sono sculture abitate dall’uomo con le sue necessità, le sue abitudini, che cambiano molto lentamente. Un architetto non deve dimenticarlo, il nostro compito è un po’ come quello di un sismografo, dobbiamo capire in anticipo i cambiamenti che sono nell’aria.

Parlaci del rapporto professionale con tuo marito, Massimiliano Fuksas. In che modo siete riusciti a creare una sinergia artistica e quali sono i vostri elementi di complementarità?

Io e Massimiliano lavoriamo insieme da più di 30 anni e possiamo dire di essere diventati complementari. Ci occupiamo insieme di tutti i progetti che entrano nello studio dalla nascita dell’idea fino alla realizzazione e al cantiere. Abbiamo lo stesso approccio al progetto e la stessa visione dell’obiettivo che vogliamo raggiungere. Ovviamente capita che uno dei due si dedichi più a un progetto rispetto all’altro, ma questo avviene sempre in maniera naturale e molto spontanea. Io seguo anche i progetti di design e prodotto, sono affascinata dagli oggetti e dalla loro genesi, Massimiliano si dedica più spesso ai progetti a scala vasta, ma questa suddivisione è del tutto casuale.

Grazie alla tua professione, hai l’opportunità di chiamare “casa” diverse città nel mondo. Ma qual è il luogo in cui ti senti di appartenere realmente?

Roma è la città in cui sono nata, in cui ho studiato e in cui c’è la mia famiglia, è di certo un luogo con cui sento un certo senso di appartenenza, un luogo che posso chiamare casa. Parigi è la mia seconda città, è una città che amo, alla quale sono molto legata, e in cui abbiamo vissuto e lavorato a lungo, tanto che nostra figlia Lavinia è nata lì. Entrambe, anche se diversamente, sono la mia casa. Anche a Parigi abbiamo uno studio e un appartamento. A Parigi e in Francia abbiamo realizzato numerose architetture, tra le quali anche gli Archivi Nazionali a Saint Denis.

Quali sono i progetti che più ti appassionano e, di conseguenza, a cui ti dedichi con più entusiasmo?

I progetti più appassionanti e coinvolgenti sono quelli futuri, quelli ancora sconosciuti. Iniziare da zero un nuovo incarico, che sia di architettura o di design, è sempre una sfida che accolgo con entusiasmo e determinazione. Ogni progetto è unico e stimolante e fa parte di un processo creativo autonomo, è come un figlio, non si può sceglierne uno.

Che impatto ha avuto la pandemia sul tuo lavoro e che cosa pensi del nuovo approccio digitale che sta rivoluzionando il mondo?

Il mondo dell’architettura dovrà sicuramente stare al passo con l’enorme cambiamento, soprattutto sociale, che questa emergenza ha portato. Il nostro lavoro si è dovuto adattare alle nuove sfide per progettare oggetti e edifici che possano adattarsi al nuovo modo di vivere, probabilmente diverso da quello a cui eravamo abituati. In un certo senso il lockdown è stata un’occasione per fermarci, pensare e riflettere; vedendo cosa stava succedendo in Italia e nel mondo all’inizio dell’emergenza, abbiamo iniziato a pensare alla casa e alla sua necessità di essere attrezzata come primo presidio, come primo first aid, per la tutela della nostra salute. Abbiamo costituito un gruppo multidisciplinare con medici, informatici, architetti con i quali abbiamo proposto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella delle possibili linee guida da applicare nella costruzione della casa del futuro per uno stile di vita più sostenibile.

Tempo fa ho avuto il piacere di intervistare tua figlia Lavinia che mi ha raccontato il lancio della sua collezione di gioielli. Quale pensi sia l’eredità artistica che le avete tramandato?

Penso di aver tramandato a entrambe le mie figlie la curiosità, il modo di osservare la realtà, l’importanza dello studio, della conoscenza, ma, soprattutto la generosità verso il mondo. Elisa, e Lavinia, sono molto diverse tra loro, ma, in qualche modo sono simili a noi, nell’affrontare la vita, con lo stesso impegno e determinazione, e soprattutto con grande indipendenza! Credo che siano i miei progetti preferiti!

Un ringraziamento speciale a Doriana Fuksas per la sua gentilezza e grande disponibilità!

di Martina Tronconi

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