Disegnando Storie e Fantasie: Michele Rocchetti

 

Oggi Cinezoom vi invita a scoprire il mondo dell’Illustrazione e le innumerevoli affinità che legano il suo processo creativo a quello della Settima Arte, il Cinema, intervistando per voi Michele Rocchetti, illustratore freelance nel campo dell’editoria per ragazzi e dell’advertising.

 

Che cosa significa illustrare?
Direi che illustrare significa usare le immagini per spiegare un concetto o per raccontare una storia. In un certo senso, anche gli affreschi che raccontato le storie dei santi, così come i cicli dei mesi e dei mestieri, sono forme di illustrazione in cui le immagini si lasciano leggere in maniera immediata e narrativa

 

Che cosa differenzia l’illustrazione dalle altre forme artistiche?
A differenza di altre forme artistiche l’illustrazione è per il rapporto di coppia, si sposa quasi sempre con un testo, sia esso una fiaba, un articolo di giornale o un payoff e arriva nella galleria d’arte già matura, dopo aver percorso la strada della pubblicazione editoriale.

 

Con quali forme artistiche questa disciplina trova maggiore affinità?
Spesso gli illustratori erano e sono tutt’ora anche pittori o grafici, tuttavia secondo me l’affinità maggiore la trova con forme artistiche come il cinema e l’animazione, con le quali, soprattutto se parliamo di illustrazione di albi illustrati condivide la progettazione mediante storyboard, la grammatica dei piani, del campo-controcampo, dei personaggi e dei tempi di narrazione.
Naturalmente, come ogni ambito artistico, le sfumature sono tante e ognuna di esse è caratterizzata da uno scopo e da accorgimenti specifici. Ad esempio, se parliamo di illustrazione scientifica, la priorità l’avrà la fedeltà al soggetto da rappresentare piuttosto che l’interpretazione; nell’illustrazione pubblicitaria o per magazine, diventa essenziale il concetto, la sintesi e l’originalità, nell’editoria per ragazzi (libro o albo illustrato) è importante il ritmo della storia, lo studio dei personaggi e l’interpretazione dell’autore, ma se si fa ben attenzione a questi esempi, in tutti e tre i casi, c’è la necessità di comunicare cercando di essere il meno possibile autoreferenziali e soprattutto mettendosi al servizio di un qualcosa che c’è già, sia esso un prodotto da pubblicizzare, un soggetto da rappresentare o una storia da raccontare.

 

Vedendo quelle tue meravigliose illustrazioni ritraenti esponenti del cinema, ho subito pensato a quanto sia Infinita l’Arte, a come un oggetto ( attore ) di per se strumentalizzato da un artista ( regista ) per la realizzazione di un’opera d’arte ( pellicola ) … possa essere dieci cento mille altre volte sfruttato in dieci cento mille altri modi per ottenere altrettante opere d’arte. Ho perciò pensato al ritratto di Brigitte Bardot di Andy Warhol, o al Woody Allen di Craig & Karl, o alle Past Action Heroes di Davide Mazzucchin, per non parlare poi degli omaggi a Kubrick di Carlos Ramos. Tu che cosa pensi a riguardo?

L’illustrazione è una forma artistica molto “pop”, inoltre è una delle prime forme di comunicazione visiva con le quali veniamo a contatto sin dalla più tenera età. Come ogni forma d’arte popolare, pensiamo al cinema, alla musica o anche al design, vi sono forme più commerciali e più autoriali, con rari e splendi punti di incontro in cui l’autoriale diviene anche commerciale, il punto è che spesso un creativo o un artista non può non nutrirsi di arte in tutte le sue forme. Penso che ogni opera d’arte sia frutto sì della creatività dell’artista, ma anche conseguenza di tutto ciò di cui egli si nutre. La musica, il cinema, la letteratura influenzano inevitabilmente le nostre vite, alla stessa maniera di un alimento che si assume e che mediante una complessa sintesi, che per un artista potrebbe essere la ricerca personale, diventa cellula costitutiva dell’organismo stesso. Inoltre, viviamo in tempi in cui tutto è liquido, tutto è trasversale e i confini tra una forma artistica e l’altra si assottigliano sempre di più, in fondo alla base di tutto c’è il processo creativo.

 

Rimanendo aggrappati a questa bellissima metafora della cultura artistica come cibo, quali sono, in questo senso, gli alimenti imprescindibili per Michele Rocchetti?

Per quanto riguarda la mia esperienza sono di certo l’arte classica, la fotografia e soprattutto il cinema. A volte nell’ambito dell’illustrazione per albo illustrato, cerco i miei attori come farebbe un regista e li trovo in film esistenti, stessa cosa vale per un punto di vista, un’ambientazione, un’inquadratura. Negli esempi che hai citato tu nella domanda precedente trovo che sia evidente la rappresentazione dell’”icona”, l’illustrazione, forma artistica pop, rappresenta personaggi pop: attori, politici, sportivi, secondo canoni estetici dettati dalla sensibilità dell’artista ma anche dal contemporaneo, riproponendo allusioni e citazioni che ci riportano alla mente qualcosa di già visto… ma nell’accezione più positiva del termine, suggerendo all’osservatore la possibilità di muoversi nell’assimilazione con la stessa trasversalità con cui ci si muove sui social network.

 

Svelaci un po’ del tuo processo creativo… Come nasce un’illustrazione?

Spesso quando inizio un lavoro, la prima necessità per me è la ricerca, cerco materiale, documentazione fotografica ed iconografica e in questo processo di ricerca accadono coincidenze strane, spesso delle vere e proprie scintille di ispirazione.
L’osservazione del lavoro altrui è fondamentale, perchè oltre ad essere un’infinita fonte di ispirazione, da l’occasione di comprendere come altri hanno risolto problematiche che noi stessi ci accingiamo a risolvere, penso a scelte narrative, a caratterizzazioni di ambienti e personaggi, penso alla stilizzazione formale della realtà che si rappresenta.

 

Sopra hai detto che ti senti molto legato al Cinema, in quale senso?

Quando lavoro ad un libro illustrato mi sento un po’ come un regista, che senza troupe deve ingegnarsi ad abbozzare uno storyboard, scegliere le inquadrature, i costumi, i luoghi e soprattutto fare casting.
A volte non seguo un processo ordinato, non parto dalle prime pagine di un libro, ma dall’immagine chiave, che un grande illustratore come Pablo Auladell chiama “illustrazione seme”. Per questo motivo, spesso non parto dalla copertina, ma dal personaggio che come una chiave o un seme apre la porta giusta i cui frutti sono le illustrazioni finite.
In questa mia ricerca dei personaggi e nel “gioco di ruolo” che attuo inconsciamente, la domanda che mi pongo è: quale attore userei?
Capita anche di partire da un vero attore, che poi pian piano trasfiguro fino a renderlo quasi irriconoscibile. Penso che una delle più belle lezioni a riguardo, ce la dia la commedia all’italiana: l’uso di caratteristi, di personaggi macchietta, ognuno carico di un grande valore e grande dignità, fisionomie che portano con se una storia sottointesa, pensiamo solo ad Amici Miei o all’Armata Brancaleone per citare due film noti ad un pubblico molto vasto.

 

Sin da piccoli ci insegnano a creare, inventando storie, disegnando figure, abbozzando teatrini giocando con le bambole….. Potremmo quindi dire che il Mondo è fatto da tanti illustratori potenziali e altrettanti illustratori attuali, che sono poi i professionisti del mestiere?

Si. Nel profondo siamo tutti inconsciamente illustratori, quante volte leggendo narrativa, ci balenano immagini che sono frutto di un ibrido tra la nostra fantasia e la rielaborazione di sequenze di film, quadri famosi, fotografie d’autore? Un illustratore che si accinge a dare forma ad un racconto segue lo stesso percorso, ma le immagini le concretizza in un supporto fisico e non solo mentale.

 

di (Giulia Betti)

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