Koloman Moser: la sintesi eccentrica di Arthur Arbesser

Per addentrarsi nella moda di Arthur Arbesser occorre comprendere il forte legame tra il designer e la sua terra d’origine: l’Austria. Lo stilista viennese, infatti, ha costantemente trovato nella storia, nella cultura e nell’arte del suo Paese elementi di ispirazione. Per la collezione Autunno/Inverno 2018-19 Arbesser porta sulla passerella l’artista Koloman Moser, in onore del centenario dalla sua morte.

Ogni outfit diviene opera d’arte senza tempo. Sulle superfici decorate degli abiti ritroviamo i più disparati riferimenti: intarsi di scaffali, vetri soffiati, vasi di ceramica, quadri e tappeti. Questo gioco sottile di richiami è segno di una raggiunta maturità del designer, il quale, stagione dopo stagione, mostra più accuratamente la sua colta estetica.

Anche la donna a cui la nuova collezione si rivolge è più matura e consapevole delle sue forme. I volumi diventano fluttuanti, i pattern decisi e i colori intensi. Protagoniste della sfilata sono le righe, segno distintivo del marchio. Tra le diverse varianti esalta quella trovata nell’archivio storico dell’azienda tessile Backhausen, disegnata proprio da Moser nel 1902. Accanto alle righe troviamo stampe di nuovo design che propongono scenari bucolici, animali astratti in movimento e fiori dalle geometrie quasi solide.

I colori sono accesi e vanno dal giallo al rosso, dal nero al bianco, dall’arancio al blu elettrico dal rosso al tabacco. Non mancano inserti metallizzati. Le varie tonalità vengono accostate in maniera piuttosto audace dando vita ad esperimenti visivamente eccentrici. L’utilizzo di materiali diversi tra loro, come il raso, cotone, velluto e maglia, intensifica questo aspetto. Tutta questa energia, peraltro, sfocia in una dimensione rilassata e solenne, guidata dalla sicurezza del direttore creativo.

Per la realizzazione di questa collezione, inoltre, Arbesser ha richiesto la collaborazione dell’amica e designer Nathalie Jean, creatrice degli orecchini in bronzo e quarzo intagliati a mano (ricordano i grafismi e l’architettura del modernismo viennese), e della manifattura toscana di Fabio Rusconi per le scarpe.

di Debora Lupi

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