Dopo nove anni di assenza, Vivienne Westwood è tornata alla Milano Fashion Week Uomo con una sfilata-performance capace di incarnare in pieno lo spirito ribelle e libero della maison. A orchestrare lo spettacolo è Andreas Kronthaler, erede artistico e compagno di vita della stilista scomparsa, che ha trasformato la presentazione della collezione primavera estate 2026 in una camminata teatrale tra i portici del centro, con incursione nello storico Caffè Rivoli. Un tributo vivente alla storia del brand, che da sempre sfida le convenzioni e abbraccia l’ambiguità come forza creativa.
La moda è fluida (e dissacrante)
“Non credo nelle separazioni nette”, afferma Kronthaler. E lo dimostra con una collezione maschile attraversata da continue contaminazioni: cappotti leopardati in faux fur portati con décolleté e borse pitonate, abiti drappeggiati dalla stampa floreale, body in maglia con aperture strategiche e polo da rugby lunghissime. I confini di genere si sfaldano tra suggestioni punk, ironia dissacrante e sartoria d’avanguardia.
Sartoria reinventata e icone pop
Il tailoring si ispira alla Peacock Revolution degli anni Cinquanta, esasperando volumi e proporzioni: pantaloni a vita altissima, revers oversize, camicie dalle pieghe mosse e piene di tasche. In passerella anche una T-shirt rossa con il volto di Garibaldi, abbinata a una giacca da sera e una gonna-shorts a righe dorate. Satira e storia, glamour e provocazione: il DNA Westwood si fonde con la contemporaneità in modo irriverente.
Un ritorno senza nostalgia (ma con memoria viva)
“Non siamo nostalgici”, dice Kronthaler, ma la memoria di Vivienne Westwood è ovunque. Dai riferimenti punk alle famigerate zeppe che fecero inciampare Naomi Campbell nel 1993, riapparse in passerella — questa volta senza rovinose cadute. La sovversione è ancora il cuore pulsante del brand, più attuale che mai, mentre le campane di San Babila scandiscono un nuovo capitolo della sua storia.