Fondazione Prada ospita il mondo di Who the Bær

La mostra ospitata da Fondazione Prada è un intrigante percorso alla scoperta del più grande desiderio umano: definire la propria identità

Il Podium di Fondazione Prada, tramutato in un fiabesco labirinto concettuale, riapre le porte  ai visitatori a partire dal 29 aprile 2021 con il progetto site-specific “Who the Bær”, firmato Simon Fujiwara. Lo spazio espositivo sarà visitabile fino al 27 settembre 2021. Le avventure  di Who possono essere seguite anche su Instagram (@whothebaer). 

Senso di smarrimento in un freddo universo fatto di immagini 

“There was once a little bear…”: questa la frase che si legge una volta addentrati all’interno  dell’installazione del britannico Fujiwara. Il protagonista della mostra è Who, un orso ispirato  ai personaggi dei cartoni animati privo di un chiaro carattere, dal genere indefinito, senza  personalità. La mostra assume le sembianze di un labirinto di cartone a forma di orso:  percorrendolo, vediamo Who che cresce, mutando età e configurazione, ed esamina diverse  possibilità di espandere la propria natura. Who esiste in un mondo piatto, composto solamente  di immagini. Esso stesso è un’immagine, e, in quanto creatura estremamente espandibile, riesce a tramutarsi in qualsiasi altra immagine desideri, assorbendo gli attributi e le identità di chi vi è raffigurato. Ironia della sorte, l’unico desiderio di Who sarebbe proprio quello di smettere di essere un’immagine, assumendo una personalità propria e chiaramente definita.  

Scorci autobiografici 

Simon Fujiwara ha concepito l’idea alla base del progetto “Who the Bær” durante il primo  lockdown. Costretto all’isolamento, Fujiwara, come tutti noi, si è ritrovato a sfruttare come  unico canale di contatto con il mondo esterno, immagini trovate online. Mosso da disperazione e da uno scarso sentimento di speranza, esasperato dalla necessità di insorgere, ha iniziato a stampare le immagini che vedeva, disegnandoci poi sopra personaggi dei cartoni. Queste vignette, interagendo con le immagini, rappresentavano per lui la tanta agognata reazione ad esse. Un ulteriore spunto autobiografico che si ritrova nel mondo creato da Fujiwara riguarda la difficoltà a delineare e affermare la propria identità. L’artista, infatti, è cresciuto in una piccola cittadina britannica essendone sia l’unico ragazzo ad avere origini asiatiche, sia l’unico  a essere omosessuale.  

Il paradosso della cultura consumistica contemporanea 

Perché dei cartoni animati? Fujiwara ritiene che si tratti di una metafora del mondo moderno,  che appare e si comporta come un cartone animato. Molte cose, attualmente, vengono ridotte  ai minimi termini e “cartoonizzate”, dalla politica alle questioni sociali, ai problemi ecologici. “C’è pressione, violenza sugli individui, siamo costretti a semplificarci per sopravvivere in  questo caotico paesaggio di immagini”, dichiara l’artista durante il video di presentazione della sua mostra (visualizzabile sull’account Instagram @fondazioneprada). Questo avviene in 

totale contrasto con ciò che sta effettivamente accadendo al mondo, che è invece divenuto  molto più complesso dal punto di vista dell’identità: individualità sempre più variegate  emergono, sottolineando le più sottili differenze tra persone. Il principale obiettivo  dell’installazione è far sì che i visitatori vedano questioni complesse attraverso una “lente”  estremamente semplicistica

Convinzioni sgretolate e ricerca dell’autenticità 

Who è un personaggio ingenuo, che crede nelle cose a un punto tale da diventarle. Attraverso  un racconto fatto di disegni, collage, sculture e animazioni, i visitatori sono testimoni della sua  perenne ricerca di un sé autentico. Fujiwara usa i meccanismi dell’invenzione per esplorare  alcuni dei piaceri e dei traumi che affrontiamo in quanto parte di una società posseduta dalle  immagini e dallo spettacolo. Giunti alla fine del percorso, assistiamo allo sgretolamento delle  forme, dei canoni, delle convinzioni che abbiamo costruito nella nostra società e,  conseguentemente, al fallimento delle persone che tentano di incarnare questi ideali. 

Una domanda può sorgere spontanea: chi è Who? Nonostante non manchino ispirazioni  autobiografiche, Who non rappresenta solamente il suo creatore. Who è ciascuno di noi,  impegnato nelle proprie battaglie quotidiane. Ci ritroviamo a fronteggiare il dualismo che  caratterizza i nostri più grandi bisogni: quello di differenziarci, affermando la nostra unicità, e  quello, al tempo stesso, di sentirci accettati, parte di qualcosa. L’augurio è, per tutti, di trovare  il proprio “filo di Arianna”, così da uscire dal labirinto in cui Who è rimasto intrappolato,  abbracciando appieno la propria identità. 

di Lisa Panzeri

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