Dior Tears e i suoi Pop-up Stores

Il denim di Tremaine Emory secondo l’estetica di Kim Jones in un’unica capsule

di Pamela Romano

Dall’incontro di due vecchi amici nasce Dior Tears, la capsule collection firmata Kim Jones e Tremaine Emory che a suon di jazz unisce la manifattura francese allo stile afro-americano.

Pop-up immersivi 

Le lacrime di Dior, gioco di parole permettendo, sono sicuramente di felicità, visto il frutto di questa unione che ha dato vita ad una serie di pop-up sparsi in tutto il mondo (Londra, Tokyo, Seoul, Shanghai).

Riconoscibile dall’installazione di enormi gonfiabili con il logo floreale della capsule, opera dell’artista Azuma Makoto che il cliente è invitato a scoprire attraverso un QR Code, è ricreato un luogo domestico, una living room dove si sussegue musica in un’atmosfera vintage e familiare. Qualcosa che può somigliare al Cafè de Flore di Parigi negli anni Cinquanta, quando essere uno scrittore afro-americano in quell’ambiente ti faceva sentire accettato mai prima d’ora. Ed è quest’asse America-Francia che i due stilisti hanno cercato di ripercorrere e onorare grazie a Denim Tears.

I pattern della collezione

Denim Tears riveste accessori iconici come la Saddle bag, il Dior Lingot e le sneakers B33 nella tela di Genova che del suo color mare ne fa palette predominante della collezione. Base di ogni guardaroba, il denim è anche il tessuto delle rivoluzioni, e questa collezione racchiude i canoni stilistici dei musicisti jazz del periodo e delle prime rivendicazioni sui diritti civili degli afro-americani, riletti in chiave contemporanea. È così che dei segni della pace diventano pattern e fibbie sulle cinture, insieme a righe multicolor e macro check su t-shirt, felpe, salopette, jeans e bermuda che compongono look ultimati da monili in finitura color oro e malachite verde e cappellini in crochet.

Un incontro eccezionale tra arte, epoche, culture e persone che solo la moda riesce a farci scoprire.

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