Sacrificio e rinascita ne l’Uomo Seme di Sonia Bergamasco

Foto di Luca Del Pia

Un albero spoglio campeggia in scena, cinque donne dalle lunghe gonne volteggianti, un solo uomo in penombra. Si apre così l’Uomo Seme e sono questi gli elementi che accompagnano tutto lo spettacolo, in scena al Teatro dell’Arte in Triennale dal 16 al 21 gennaio 2018.

A condurci attraverso lo strazio delle donne di un villaggio montano della bassa Provenza è la narratrice Violette Ailhaud – interpretata da una struggente Sonia Bergamasco – che, testimone dei fatti quando aveva 16 anni, decide di lasciarne un memoriale.

La piccola comunità a cui appartiene, infatti, è rimasta totalmente priva di uomini e sono solo le donne a condurla. Con tutte le evidenti limitazioni che questo comporta sulla prospettiva di un futuro. Da qui, l’idea delle sue compagne di stabilire un patto, tanto estremo quanto necessario per riaffermare la vita: se mai dovesse ritornare anche un solo uomo, quello sarà di tutte e farà risorgere l’intera comunità.

Una storia di individui che si intreccia anche con la Storia dei grandi eventi: gli anni sono quelli successivi all’abolizione della Costituzione e all’insurrezione repubblicana del 1851. Eventi che, seppur sullo sfondo, riportano in primo piano le loro sofferte conseguenze e calano una cappa opprimente di inquietudine e angoscia sulle vicende narrate.

La produzione, a cura di Sonia Bergamasco e del Teatro Franco Parenti, non è la prima che vede l’attrice milanese – già cimentatasi con Karénina, Il Ballo, Il Trentesimo Anno e Louise e Renée – impegnata a dare voce all’universo femminile. Questa volta però lo fa con la lingua concreta e diretta di Violette Ailhaud, effettiva autrice dell’omonimo caso editoriale da cui il monologo è tratto. E con un tocco in più.

Quando infatti dichiara: “Ma che cosa c’entro io, in effetti, con quelle donne di un villaggio francese del XIX secolo? Che cosa mi spinge a dare loro voce? Prima di tutto, un’intuizione musicale”, la Bergamasco si riferisce proprio a quell’andamento ritmico, cadenzato, primordiale, da ballata che decide di imprimere a tutto il suo spettacolo.

Ad animare e dare forma alle sue parole difatti è il quartetto femminile Faraualla, gruppo vocale pugliese insieme a, unica figura maschile sul palco, il musicista e percussionista Rodolfo Rossi. La rappresentazione, dunque, da monologo si fa corale, fondendo armoniosamente parole, gesti, suoni e luci. Un racconto selvaggio e disperato in cui Sonia Bergamasco riesce spontaneamente a trasportarci dove protagonisti indiscussi restano determinazione, sacrificio e resistenza; prerogative femminili senza tempo.

di Gaia Lamperti

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