L’uccisione di Osama in chiave americana

Un film, quello di John Stockwell, in equilibrio, perennemente sospeso tra due entità differenti, il cui limite è rappresentato dallo schermo delle numerose telecamere presenti, che lo rendono simile a un videogame di guerra: questo è in sintesi Code name: Geronimo, il racconto della cattura di Osama Bin Laden da parte di una squadra di Navy Seals americani.

Il punto di vista che ci viene imposto è quello filtrato dalle telecamere: piazzate in una prigione polacca a registrare la soffiata del detenuto che servirà da carburante a tutta l’operazione, puntate sull’inseguimento dell’uomo-chiave che porterà dritti alla presunta abitazione di Bin Laden e minuziosamente rivolte a tenere sotto controllo quotidianamente il presunto nascondiglio del capo di Al-Qaeda; microcamere montate sugli elmetti che diventano infine occhi dei soldati, sia durante l’addestramento, sia nel vivo della missione vera e propria, regalandoci una sequenza di immagini movimentata e soggettiva, che ci permette di respirare quasi al loro ritmo.

Ma l’elemento di divisione riecheggia anche altrove: in campo due paesi culturalmente opposti, America e Pakistan. Una missione mossa da sentimenti discordanti: vendetta personale di un popolo ferito o semplice giustizia? Per non parlare dei soldati: uomini umani o fredde macchine da guerra? Ogni elemento di questo film è duplice, quasi a trasmettere la difficoltà di essere razionali di fronte a una ferita tanto profonda come quella dell’11 settembre .

Un film sull’incertezza, continuamente nominata: fino all’ultimo la presenza di Bin Laden, addirittura il fatto che fosse in vita, è stata messa in dubbio. Ma è proprio nella crepa dell’indecisione che si insinua il personaggio risolutivo di tutta la vicenda, la signorina Hollins (Kathleen Robertson), giovane donna ai piani alti della Cia , messa in dubbio dalla diffidenza dilagante di un ambiente maschilista, determinata a non perdere la fiducia nelle sue convinzioni. La signorina Hollins, protagonista surclassata a personaggio, perché parte di quella fazione di persone che sta a guardare i video delle vicende registrate dalle microcamere, il primo vero pubblico di questo film: il cervello, la mente dell’operazione, la Cia, contrapposta ai soldati, gli indiscussi protagonisti-eroi (interpretati da Robert Knepper, Cam Gigandet, Anson Mount e Alvin Joiner), che agiscono sul campo. La signorina Hollins, rappresentazione dell’America vestita in tacchi e tailleur. Fiduciosa, determinata, fredda (ma mai troppo cattiva, perché i cattivi stanno dall’altra parte).

Un film celebrativo, inevitabilmente americaneggiante, patriottico, a tratti sentimentale, propaganda indiscussa dei valori portanti del Paese, che si conclude con l’orgoglioso annuncio di Obama alla sua nazione; del resto “per Dio e per il paese Geronimo è stato ucciso”: la guerra non è conclusa (a sottolineare l’infinitezza del conflitto l’immagine di Al Zawahiri, nuovo successore di Bin Laden), ma almeno la battaglia è stata vinta.

 

(di Marina De Faveri)

 

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