L’immensità in concorso a Venezia79

Penelope Cruz diretta da Emanuele Crialese per una storia di resistenza contro gli stereotipi

di Anna Beggio

Il cinema per raccontare al di là delle etichette 

Più volte bisogna aspettare molto, quasi la fine della carriera, perché un regista si decida a narrare  qualcosa di delicato, intimo, che lo ha segnato nella propria vita. Pensiamo al premio Oscar  Sorrentino l’anno scorso a Venezia… È il caso anche di Emanuele Crialese, tornato a Venezia,  questa volta con un film autobiografico che ripercorre la propria infanzia. 

I temi sono due, ma in realtà si intrecciano: la dannosità di una cultura maschilista e concentrata  sulle apparenze (soldi, stereotipi culturali..), che colpisce Clara, ma anche, e soprattutto, la  questione del genere da differenziare dal sesso biologico, che colpisce la figlia Adriana, o meglio il  figlio Andrea. Ed è proprio Andrea a interpretare il sé dell’infanzia di Emanuele, anche lui nato  donna e poi passato per un percorso di transizione.

Clara (Penelope Cruz) è una donna, molto bella, ma sfortunata, che fuggita dalla Spagna si ritrova  incastrata in un matrimonio in crisi. Il marito la bistratta e la umilia, e non è per niente in grado di  voler bene ai figli, con i quali è distante affettivamente e a volte anche aggressivo. La famiglia di  lui è piena di stereotipi, falsa coscienza, e paure verso ciò che diverge da certi canoni. E sarà  proprio Adriana-Andrea a far cadere le “illusioni”, e non solo perché comincia ad accettare la  propria vera identità, ma non vi roviniamo la sorpresa.

Dolcezza e spensieratezza 

Il film è di una semplicità disarmante. Non è mai melodrammatico, le scene di aggressività e dolore  non sono mai prolungate. Utilizza le musiche, con veri e propri stacchi da musical, solo per  raccontare i momenti di naturale spensieratezza di Clara e Adriana/Andrea. Probabilmente, proprio per questo, rende difficile entrare nella complessità e rischia di sembrare didascalico, con personaggi senza personalità; ma il film riesce comunque a trasmetterci la sincerità e la forza di un animo che ha saputo resistere a numerose difficoltà. E bisogna considerare una nota positiva in tutto ciò, il fatto che non si compiange mai addosso, è vitale, come a confermare il desiderio di respiro che lo muove (tra l’altro Adriana/Andrea soffre di asma). L’immensità è il respiro che invita a prendere questo film di fronte alla tentazione di cedere a una presunta normalità, ai “sentiti dire”.  

Catartico inoltre è il dialogo tra Clara (Penelope Cruz) e il marito. Quando il marito con tono aggressivo, dopo aver  commesso torti e violenze, esclama: “sono l’unico normale in questa casa!” e Clara guardandosi allo specchio (ma guardando lui fuori campo e in toni dolci) risponde: “perché tu saresti quello normale?”. É uno dei momenti in cui Clara prende consapevolezza, ma come già detto sarà Adriana-Andrea la  vera liberatrice del film.  

Ci sono diverse scene in cui il film riesce anche a strappare delle risate al pubblico, con la  delicatezza e spensieratezza di chi sa guardarsi dentro e vivere intensamente. E Penelope Cruz sa  trasmetterci tutto ciò moltissimo. Non solo, ma Andrea ed Emanuele sono belli quanto lei, a  confermare che l’immensità del femminile e del maschile non conosce confini.

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