L'arte itinerante di Yayoi Kusama

Dal 12 Giugno al 30 Settembre 2012 la retrospettiva itinerante su Yayoi Kusama vi invita al Whitney Museum di New York, dopo una sosta alla Tate Modern di Londra e al Centre Pompidou di Parigi. Un ritorno a casa per le opere di questa artista nipponica ora ottantatreenne che visse a New York per un decennio a cavallo degli anni ’60.
Frequentando artisti come Warhol, Cornell e Judd, Kusama partecipò alla creazione della Pop Art, movimento del quale forse fu il membro più avanguardista anche se non il più celebre. Tutti i codici della Pop art sono presenti nell’opera di Kusuma: i colori acrilici, le installazioni, le performance e l’uso di oggetti quotidiani, dei quali ne è un tipico esempio la scultura Accumulation del 1963 presente in questa retrospettiva. Nel 1966 diede scandalo alla Biennale di Venezia con l’installazione “Narcissus Garden“; davanti al padiglione italiano, vestita in un tradizionale Kimono, Kusuma vendeva i 1.500 palloncini argentati per 1.200 Lire, in una brillante messa in scena di tutti i precetti della Pop Art.
Questa grande retrospettiva, la prima mai realizzata sull’artista e concepita da Frances Morrison, mostra chiaramente come la produzione artistica di Yayoi Kusuma sia una diretta derivazione della sua malattia psichica: un disordine ossessivo-compulsivo che la spinge a realizzare sempre lo stesso soggetto. Come i pois, marchio di fabbrica dell’artista, che non compaiono unicamente dipinti su ogni tipo di superficie in ogni possibile colore, ma anche come spot luminosi nelle installazioni. Esempio pratico di ciò, “Fireflies on the water” del 2002, presente al Whitney Museum: una stanza rivestita di specchi e col pavimento ricoperto d’acqua che centuplicano i faretti luminosi dando l’impressione di essere immersi in un cielo stellato.
L’esposizione è stata realizzata col sostegno di Louis Vuitton, maison per la quale l’artista ha concepito una collezione di borse, occhiali e altri oggetti tutti decorati a pois bianchi su sfondo rosso tra poco disponibile in boutique.
 
(di Chiara Lavagetto)
 

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