La mostra al MAO: una prima assoluta per l’Europa
Dal 12 aprile 2025, il MAO (Museo d’Arte Orientale di Torino) ospita un’esposizione unica nel suo genere: Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone. Per la prima volta in Europa, vengono presentati circa cinquanta haori e juban (le giacche sovrakimono e le vesti da indossare sotto il kimono maschile) provenienti dalla prestigiosa Collezione Manavello. L’allestimento si arricchisce del dialogo con opere di artisti contemporanei, trasformando la mostra in un vero e proprio racconto a più voci sulla cultura giapponese tra tradizione e contemporaneità.
Un patrimonio estetico e culturale da riscoprire
Spesso trascurato a favore del più noto e colorato abbigliamento femminile, il guardaroba maschile tradizionale giapponese si rivela qui in tutta la sua ricchezza simbolica. Eleganti nella loro sobrietà, i kimono da uomo custodiscono storie celate all’interno dei tessuti: scene narrative, paesaggi naturali, riferimenti alla letteratura, alla spiritualità o alla guerra si dipanano all’interno delle fodere o sui juban. Questi indumenti, espressione dell’intimità quotidiana e degli affetti domestici, diventano strumenti per comprendere una società in rapida trasformazione e, al contempo, un mezzo sorprendente di propaganda.
Moda e potere: gli abiti raccontano la Storia
Gli haori e i juban esposti non sono semplici capi d’abbigliamento: rappresentano vere e proprie cronache tessili del Giappone del primo Novecento, un periodo di accelerata modernizzazione, espansione imperialista e mutamenti identitari. Anche gli abiti da bambino, a cui è dedicata una sezione, testimoniano un’epoca in cui la politica permeava ogni aspetto della vita, persino quello apparentemente più innocuo dell’abbigliamento. Le immagini stampate, dipinte o ricamate, riflettono l’ambivalenza tra il fascino per l’Occidente e la difesa della tradizione nipponica.
L’arte contemporanea come lente critica
A rendere ancora più stratificato il percorso, le installazioni e i video di artisti contemporanei offrono uno sguardo critico sulle eredità del passato. L’iconica Needle Woman e le sculture Bottari di Kimsooja indagano il tema del nomadismo e dell’identità frammentata. Tobias Rehberger con Kotatsu fonde l’estetica giapponese con quella tedesca per esplorare la morte e la trasformazione, mentre Kishi the Vampire di Royce Ng reinterpreta la figura del politico Nobusuke Kishi con un tocco visionario e disturbante. L’opera Tungus di Wang Tuo chiude idealmente il cerchio con una narrazione che intreccia mito, memoria e geopolitica.
Una mostra viva, tra performance e accessibilità
In pieno spirito MAO, Haori è pensata come una mostra-vivente, capace di evolversi attraverso un programma performativo e musicale curato da Chiara Lee e freddie Murphy. A giugno 2025 sarà inoltre pubblicato un catalogo bilingue ricco di saggi e immagini, a cura di Silvana Editoriale. Tutti i contenuti saranno disponibili anche in LIS, in collaborazione con l’Istituto dei Sordi di Torino, confermando l’impegno del museo verso una cultura inclusiva e accessibile.
Un’occasione per rileggere il Giappone con occhi nuovi
Haori è molto più di una mostra: è una lente attraverso cui osservare un Giappone poco conosciuto, lontano dagli stereotipi, ricco di contraddizioni, poesia e complessità. È un viaggio nel cuore silenzioso degli uomini, nelle trame dei loro abiti e delle loro storie, tra estetica raffinata e memorie incise sul tessuto del tempo.