Georges de La Tour, la prima mostra a Milano

Georges de La Tour

Georges de La Tour: l’Europa della luce

Georges de La Tour, pittore di luci e ombre nella Francia del Seicento, è per la prima volta in mostra a Milano. L’esposizione ha luogo a Palazzo Reale dal 7 febbraio al 7 giugno 2020, e prende il titolo di Georges de La Tour: l’Europa della luce. Circa 50 sono le opere presenti in mostra, di cui 15 sono i capolavori del grande maestro, messi a confronto con alcuni dei suoi contemporanei. Fra questi, i nomi di Gerrit van Honthorst, Paulus Bor, Trophime Bigot e altri.

Le istituzioni e gli esperti dietro la mostra

La cura dell’esposizione vanta il nome della Prof.ssa Francesca Cappelletti e, attorno a lei, un comitato scientifico composto da Pierre Rosenberg (direttore del Louvre), Gail Feigenbaum (direttrice del Getty Research Institute), Annick Lemoine (direttrice del Musée Cognacq-Jay) e Andres Ubeda (vice direttore del Museo del Prado).
Il grande lavoro dietro la messa in opera di Georges de La Tour: l’Europa della luce è testimoniato anche dall’alto numero di prestatori che sono intervenuti nella sua realizzazione: 28, da tre continenti. Alcune delle più grandi istituzioni museali sono state coinvolte. Fra queste, la National Gallery of Art di Washington D.C., il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, il S. Francisco Fine Art Museum; ma anche realtà italiane come la Galleria degli Uffizi, la Pinacoteca Vaticana e la Galleria nazionale d’Arte Antica-Palazzo Barberini.

La “pittura di luce” di Georges de La Tour

Chi era Georges de La Tour? Padre di 11 figli, dal carattere difficile e con un gran numero di cani randagi. Ebbe successo prima nel Ducato di Lorena, dove nacque, poi a Parigi, dove fu nominato pittore del re Luigi XIII, nel 1639. La pittura di Georges de La Tour è caratterizzata da un profondo contrasto tra il mondo senza pietà dei “diurni” e la compassionevole rappresentazione delle scene “notturne”.
L’artista ritraeva angeli presi dal popolo, santi senza aureola o attributi iconografici. Prediligeva soggetti di strada, mendicanti, dipingendo prevalentemente gente di basso rango, più che modelli storici o personaggi altolocati. I suoi “notturni” sono frequentemente caratterizzati da splendide figure illuminate dalla luce di una candela: modelli assorti, silenziosi, commoventi. Le sue sperimentazioni illuministiche hanno spesso incentivato il paragone con Caravaggio, di una ventina di anni più anziano di lui.

Cosa non perdersi in mostra

Delle circa 40 opere riconosciute al maestro, Milano ne conserva, fino a giugno, 9 capolavori.  Intensa e commovente è la tela della “Maddalena penitente”; crudamente realistica “La rissa tra musici mendicanti”. Monumentale è il “Suonatore di Ghironda col cane”; tesa la scena rappresentata ne “Il denaro versato”. Altra opera che ha per tema il denaro è “I giocatori di dadi”.
Di tema religioso e biblico sono esposti “La negazione di Pietro”, “Giobbe deriso dalla moglie” e la delicata e intima tela rappresentante l’“Educazione della Vergine”. Realizzato per committente privato ed emblema della maestria di La Tour nella rappresentazione della luce è, per concludere, “Giovane che soffia su un tizzone”.

Georges de La Tour nelle parole della curatrice

“Oltre a essere l’artista delle notti, o l’artista della realtà, una realtà che se osservata da vicino mostra tutta la sua ambiguità – afferma la curatrice Francesca Cappelletti –  La Tour è l’artista delle variazioni minime, della sfumatura, dell’inafferrabile differenza fra una composizione e l’altra, a volte diverse solo per i toni cromatici, a volte per sottili slittamenti di significato”.
“Le immagini di La Tour – conclude la curatrice – sono assolutamente coinvolgenti,  spingono ad aguzzare la vista per scoprire cosa si celi nelle tenebre, dove la luce della candela non riesce ad arrivare; o sono quadri che ci mostrano più di quello che vorremmo vedere – la disperazione e la miseria della vita, che giganteggia vicino a noi. Osservando i suoi quadri lo spettatore è coinvolto al pari del pittore nella stessa impresa; non riesce a distogliere lo sguardo dall’opera, fino a essere catturato dal suo autore: questo uno dei segreti del suo ascendente”.
 
di Chiara Pellini

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