Sergio Muniz: “Armani? Un grande maestro”

Ha il viso dolce come quello di un bambino, lo sguardo da bravo ragazzo; maschera appena la sua estrema timidezza dietro quel fisico perfetto, quell’aria un po’ scanzonata, quegli occhi che sprizzano sensualità. La sua bellezza latina lo ha reso celebre sulle passerelle, la sua riservatezza e l’umiltà gli hanno permesso di fare breccia nei cuori delle italiane, che lo hanno incoronato vincitore dell’Isola dei Famosi edizione 2004.

Sergio Muniz è entrato in punta di piedi nel mondo della moda, prima, dello spettacolo, poi: correttezza, onesta, rispetto delle regole e soprattutto delle persone lo hanno sempre contraddistinto. Mai fuori luogo, mai un atteggiamento “urlato”.

Bello e sensuale, tenebroso e timido al tempo stesso, un sorriso appena accennato sul viso leggermente abbronzato, “sporcato” appena da una barba incolta un po’ sale e pepe… Lui ci scherza, ci ride su: peli grigi e barba un po’ bianca…il tempo passa, ma la sua bellezza non accenna affatto a tramontare…

Sergio Muniz , che rapporto ha con la bellezza e con il passare del tempo?
Assolutamente buono (ride, mostrando la barba che si sta tingendo di fili d’argento, ndr). Sono consapevole che il corpo cambia e che ci si debba adattare ai suoi cambiamenti. Ho cercato sempre di ignorare la bellezza, la mia intendo; so che prima o poi passerà, per cui ho puntato soprattutto su altre caratteristiche che mi contraddistinguono.

Quanto conta la bellezza nel mondo della moda e dello spettacolo?
La bellezza senza dubbio conta molto e aiuta, è un dato di fatto, ma per quanto mi riguarda va ignorata. Va ammirata quella degli altri, non certo la propria. Almeno io così ho sempre fatto.

Lei si sente bello?
Io non mi sono mai presentato come bello. Sono sempre stato presentato così. Ripeto: la bellezza conta, certo, ma ci sono tante altre qualità che contano molto di più.

Se dovesse descriversi con un solo aggettivo, quale sceglierebbe?
Cerco l’equilibrio ma non lo trovo mai…

Equilibrista?
Esatto, equilibrista…

Un aggettivo che racchiuda la sua famiglia…
Lontana…e mi riferisco ai miei che stanno a Bilbao. Ma è anche il centro del mio universo, il mio tutto. E mi riferisco a mia moglie e alla bambina. Dei tre io sono l’ultimo in ordine di importanza ed è una bella sensazione davvero. Questo ti dà molte responsabilità da un lato, ma te ne toglie dall’altro. Ora la mia prospettiva di vita si è capovolta: dal ricevere, come figlio, al dare, come capofamiglia, responsabile anche di altre persone.

Da molti anni, ormai, vive in Italia. Si sente un po’ anche figlio di questo Paese?
Mi sento assolutamente italiano. La mia vita l’ho passata qui, qui sono cresciuto. Mi sento italiano perché la cultura mi è entrata dentro, come il cibo e il modo di rapportarmi con la gente. Diciamo che ho anche il privilegio, non essendo nato qui, di vedere anche da spettatore esterno questo Paese: ammiro più gli italiani di quanto lo facciano gli italiani stessi. Spesso si piangono addosso e non credono molto nelle loro possibilità, che sono invece immense. Purtroppo qui tutto è frenato da un’eccessiva burocrazia e da politiche varie. Siete il popolo più dinamico del mondo, ma troppo spesso si finisce con l’essere esterofili, si pensa che fuori ci sia il meglio, ma non è così. È solo gestito meglio. Gli italiani, e non sono solo io a dirlo, all’estero ottengono il massimo successo. Non è un caso…

A proposito, è vero che è diventato modello per caso?
Si, per puro caso. Ma come in ogni cosa che faccio, ho dato il massimo per farlo bene. Iniziare a calcare le passerelle è stata anche un’ottima scusa per scappare dalla sveglia delle quattro del mattino, cui mi costringeva il precedente lavoro: facevo il fruttivendolo e aiutavo mio padre a caricare e scaricare cassette di frutta. Non avevo voglia di studiare, così a 16 anni ho iniziato a lavorare. Bei tempi, comunque (sorride)…

Qual è stato il suo primo approccio con la moda?
Uno spot tv per una nota marca di caffè spagnolo. Guadagnai in un giorno quello che prendevo in un mese alzandomi prima dell’alba; capii che avevo a portata di mano la grande occasione e non me la sono fatta sfuggire.

Quanto è stata importante per lei la moda?
Importantissima. Mi sta dando ancora moltissimo; mi ha soprattutto insegnato a credere in me stesso. Stento a lasciarla, non ce la faccio, fa parte di me. Certo, aver intrapreso la carriera di modello, lasciare il mio Paese, mi ha cambiato, ma d’altra parte la vita è fatta per evolvere. Dobbiamo sempre andare avanti, traendo sempre il bene da ciò che facciamo.

C’è una griffe che le è rimasta più di altre nel cuore?
Beh, la campagna che mi ha reso popolare in Italia è stata quella della Combipel: sono finito su un numero spropositato di cataloghi, oltre un milione di copie. Ma non posso nemmeno dimenticare il profumo Guerlain, cui ho dato il mio volto: pubblicità televisiva, stampa mondiale. Un lavorone… E ricordo sempre anche YSL: quella è stata pazzesca, anche per via di chi sta dietro a quella “macchina”.

E sulla passerella?
Le prime sfilate con Giorgio Armani, per cui nutro il massimo rispetto. Come persona, poi, è stato davvero una sorpresa unica: è un santo che è sceso a terra per parlare con chi lavora con lui e per lui. È un uomo che non ha mai messo una distanza con i suoi modelli, il suo personale: lui scendeva in mezzo a noi, ci dava consigli, ci aiutava. Non demandava mai ad altre persone questo compito: era lui che parlava direttamente con noi. Non dimenticherò mai i suoi preziosi insegnamenti.

Cos’è per lei l’eleganza?
Non è solo un portamento o un modo di vestirsi. È un modo di essere: è, insomma, la cosa giusta al momento giusto. È molto legata all’equilibrio di cui parlavamo prima e che cerco costantemente…

Ultimissima domanda: moda, tv, musica. Il prossimo impegno lavorativo?
Sarò uno degli interpreti del musical di Massimo Romeo Piparo “The full monty”, che si ispira al caso cinematografico inglese (si tratta della vicenda dei disoccupati spogliarellisti più amata e applaudita di tutti i tempi, ndr). Debutteremo il 29 gennaio al Teatro Sistina di Roma. Gireremo il nord Italia, e ad aprile verremo a Milano.

 

(di Silvia Tironi)

 

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