Hiroshi Fujiwara ci porta nel backstage di Moncler Fragment

Un frammento di un progetto ambizioso che comunque riesce a vivere di vita propria. Un tassello di un puzzle che è già paradossalmente completo in sé. È così che si presenta 7 Moncler Fragment Hiroshi Fujiwara, il capitolo del nuovo corso di Moncler presentato allo scorso Pitti Uomo 94.

Sì, perché lo storico brand franco-italiano ha lanciato da poco il suo poliedrico progetto Moncler Genius, un hub nel quale far convergere l’opera creativa di 8 designer, ognuno intento a reinventare a proprio modo i canoni Moncler.

È in questo contesto di dinamismo e rottura dei canoni, di apertura verso il see-now buy-now e di anti-stagionalità delle collezioni, che si colloca il capitolo curato da Hiroshi Fujiwara. Un nome già noto nel mondo delle produzioni musicali giapponesi – soprattutto nell’ambito hip-hop, per il quale è divenuto il primo DJ del Paese – e che sta adesso mettendo in fermento lo street style grazie alla sua visione ampia, fra citazioni pop e sofisticatezza culturale.

La sua collaborazione con Moncler è un connubio di DNA, un rimandare ai mondi di origine sia del designer che del Brand. Tutto nasce dal mondo dei concerti, dal retro del palco, il luogo dell’adrenalina che sale prima dello show e che diventa euforia quando tutto è finito. La scritta backstage campeggia sui soprabiti e sugli abiti, una deriva ultra-contemporanea che continua con gli stickers rimovibili targati Moncler Fragment.

Texture e colori sono quelli più logici per lo street style, dal verde militare al beige, polvere e nero, fino al denim delle giacche classiche. Per culminare nella riconoscibilità del tessuto imbottito di Moncler, che stavolta si fa addirittura abito, una concessione all’heritage che guarda verso il futuro.

Nelle parole di Fujiwara stesso: “Moncler Genius rappresenta una opportunità unica di fondere identità diverse in una nuova. Mi ha permesso di testare soluzioni e materiali che non avevo mai usato. Il risultato è un inedito Hiroshi, ma anche un inedito Moncler”.

di Martina Faralli

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