Rapina a Stoccolma: quando il cinema incontra la psicologia

Rapina a Stoccolma

Rapina a Stoccolma, il racconto del controverso rapporto tra sequestratore e sequestrati

Agosto 1973. Un uomo irrompe nella Banca di Credito di Stoccolma per mettere a segno una rapina e prende con sé alcuni ostaggi. Rapina a Stoccolma, film di Robert Budreau, racconta con ironia e comicità il controverso rapporto che si creò tra sequestratore e sequestrati.

La storia vera

I fatti a cui si ispira Rapina a Stoccolma risalgono a più di 40 anni fa: nel 1973 il rapinatore Jan-Erik Olsson, evaso dal carcere di Stoccolma, fece irruzione nella Sveriges Kredit Bank. Per negoziare con la polizia e ottenere la scarcerazione di un compagno di cella, Olsson prese in ostaggio alcune persone all’interno della banca. La rapina durò in tutto quasi 6 giorni: quasi da subito però, tra il sequestratore e gli ostaggi, si instaurò un rapporto quantomeno particolare.

Gli ostaggi dichiararono infatti di non aver avuto paura del rapinatore. Svilupparono per lui qualcosa di più del semplice “fascino del proibito”: empatia ed attrazione. Al punto tale che, prima del suo arresto, qualcuno abbracciò il rapinatore, qualcun altro andò a trovarlo in carcere, grato di aver avuto salva la vita. L’eco mediatico che ebbe questo episodio è alle origini della controversa e dibattuta sindrome di Stoccolma.

Il mito del “ladro gentiluomo”

Chi non si è mai invaghito del “cattivo” della situazione? Chi, guardando un film o una serie tv (vi dice qualcosa “La casa di carta”?), non si è ritrovato ad essere dalla sua parte? A volte i cattivi diventano i buoni, e i buoni finiscono per essere i cattivi. E così anche il peggiore dei criminali può diventare, nell’immaginario collettivo, un “ladro gentiluomo”.

La sindrome di Stoccolma è molto più di questo. Persino quando il pericolo è reale, accade che chi è vittima sviluppi per il proprio carnefice sentimenti positivi. A volte talmente positivi da essere vicini all’amore e all’adorazione. È questo particolare stato emotivo di dipendenza psicologica manifestato dagli ostaggi di Olsson che prende il nome di “sindrome di Stoccolma”. Rapina a Stoccolma ne racconta, in modo tragicomico e divertente, gli effetti sulle vittime di un evento traumatico come una rapina.

Il film nelle sale

Una trama ispirata a fatti reali, il complesso fenomeno della sindrome di Stoccolma sullo sfondo e infine un cast con nomi importanti. Budreau sceglie Ethan Hawke per interpretare Lars Nystrom, il rapinatore dai modi bizzarri e divertenti che si attirerà le simpatie delle sue vittime. Noomi Rapace veste invece i panni di Bianca, uno degli ostaggi che più si avvicinerà a Lars e ne subirà il fascino. È Mark Strong infine a interpretare Gunnar, l’amico di cui Lars richiede la scarcerazione.

Le ambientazioni curate portano lo spettatore dritto negli anni ‘70, e fanno da sfondo alle vicende tragicomiche che rendono questo film una commedia divertente e ben costruita. Ethan Hawke dà vita a un personaggio maldestro, eccentrico e più che mai umano. E lo spettatore finisce, inevitabilmente, e proprio come i suoi ostaggi, per provare una profonda simpatia e per “tifare” senza riserve per lui.

Insomma, una pellicola divertente, leggera, ma che lascia allo spettatore qualche riflessione finale.  E voi, come pensate che avreste reagito nella stessa situazione degli ostaggi di Lars? Un film da vedere, per provare a dare una risposta!

 

di Chiara Conti

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