Il film, scritto a quattro mani con Louise Peter, segue quattro protagoniste femminili vissute nella stessa fattoria ma in epoche diverse del Novecento, le cui vite si intrecciano in un racconto sospeso nel tempo, dove l’eco del passato riverbera sul presente.
Un affresco femminile tra epoche e identità
La pellicola affronta il tema della ripetitività della condizione femminile, riproposta come un ciclo che si rinnova sotto forme diverse, ma che spesso conserva la stessa struttura di costrizione e invisibilità. Una riflessione di grande attualità che avrebbe potuto essere trattata con più asciuttezza, se non fosse per l’evidente volontà autoriale della regista di dimostrare una piena padronanza tecnica e stilistica.
Un’estetica ipnotica, ma a tratti sovraccarica
Schilinski possiede indubbiamente un talento visivo: il film alterna momenti di crudezza emotiva à la Haneke a inquadrature che ricordano la pittura fiamminga, immerse in una fotografia elegante e ricercata. Il formato 1:1.33, ormai ricorrente nei festival, accentua l’effetto claustrofobico e pittorico. Tuttavia, l’eccesso di virtuosismo tecnico rischia di appesantire la narrazione, rendendola meno accessibile e talvolta manierata, con personaggi che si sovrappongono e relazioni che faticano a definirsi chiaramente.
Il suono, vero protagonista invisibile
Nonostante il titolo, è il sonoro a emergere come uno degli elementi più riusciti del film. Schilinski gioca con il silenzio, le raffiche di vento, i suoni ovattati della natura e i respiri, creando un paesaggio acustico che amplifica le emozioni e i non detti. Qui la regista dimostra una finezza autoriale notevole, riuscendo a trasformare il rumore in linguaggio e l’atmosfera in contenuto.
Un talento in cerca di equilibrio
Mascha Schilinski si conferma una regista visionaria, capace di fondere elementi autobiografici, esperienze performative (è stata anche artista circense, maga e danzatrice del fuoco) e una poetica del reale che sfiora il magico. Ma in Sound of Falling c’è la sensazione che la ricchezza formale sovrasti talvolta l’urgenza narrativa. Una maggiore essenzialità avrebbe forse giovato a un film che, seppur imperfetto, resta uno dei più audaci e affascinanti del concorso.