Una regista istintiva e coraggiosa
Adattamento dell’autobiografia cult di Lidia Yuknavitch, The Chronology of Water è tutto tranne che un’opera convenzionale. Stewart affronta la sua prima regia con una potenza visiva e una sincerità brutale, portando sullo schermo una storia fatta di trauma, desiderio e trasformazione. «Ho messo tutto sullo schermo, non ho altro da aggiungere», ha dichiarato, visibilmente emozionata, sul palco del Palais des Festivals.
Il film, girato tra Lettonia e Malta in appena sei settimane, è prodotto dalla Scott Free Productions di Ridley Scott, a testimonianza dell’ambizione e del valore cinematografico del progetto. Kristen Stewart, che ha scritto la sceneggiatura insieme ad Andy Mingo, ha voluto mantenere il flusso di coscienza e lo stile frammentato dell’opera originale, creando un’esperienza visiva intensa e profondamente personale.
Il corpo come linguaggio: una performance da ricordare
La protagonista Imogen Poots è al centro di questo viaggio emotivo, offrendo una performance fisica e viscerale, tanto che la stessa Stewart ha detto: «Il tuo corpo è questo film». Al suo fianco, un cast eterogeneo e sorprendente che include Thora Birch, Earl Cave, Jim Belushi e Kim Gordon (leggenda dei Sonic Youth), a sottolineare l’anima punk e ribelle del progetto.
Poots, in lacrime, ha definito Stewart “la miglior regista che potessi avere”, evidenziando il legame umano e artistico nato sul set. E in effetti, al di là della tecnica, è proprio l’intimità autentica e la vulnerabilità a rendere questo esordio così potente.
Un sogno lungo vent’anni
Kristen Stewart non è nuova al rischio: da icona pop con Twilight a musa d’autore per registi come Olivier Assayas e Pablo Larraín, ha sempre scelto strade non convenzionali. Ma dietro la macchina da presa realizza un sogno coltivato fin dall’infanzia: «Volevo dirigere da quando avevo nove anni», ha confessato. Il risultato? Un’opera che non chiede il permesso, ma si impone con grazia ruvida e spiazzante sincerità.
Il futuro di una regista nata
Cannes ha accolto The Chronology of Water non solo come un esordio, ma come l’inizio di una nuova voce autoriale nel panorama cinematografico contemporaneo. Una regista è nata, e ha scelto di raccontare il dolore e la bellezza di esistere, senza filtri.