Attori e melodia: è il Cinema dei telefoni bianchi

È il 1936, il generale Francisco Franco è nominato “Generalissimo” dell’esercito del Re di Spagna e viene proclamato Capo dello Stato, in Inghilterra la BBC diventa la prima emittente televisiva al mondo a fornire un servizio regolare delle trasmissioni, tra Italia e Germania viene sottoscritto il patto di amicizia meglio conosciuto come Asse Roma-Berlino. È il 1936 e nel mondo del grande schermo italiano si iniziano ad udire i primi gemiti di un neonato sottogenere definito Cinema dei Telefoni Bianchi.

Tale sottogenere, riconducibile ad un estroflessione sviluppatasi dal successo della commedia cinematografica dei primi anni ’30, è caratterizzato da alcuni argomenti ricorrenti quali la minaccia di divorzio, al tempo illegale nel nostro paese, oppure d’adulterio, considerato in Italia “reato contro la morale”. Alcuni registi preferiscono indagare invece il tema della scalata sociale per meglio caratterizzare le varie classi e evidenziare le loro strabordanti differenze.
Addosso a queste tematiche piuttosto innovative vengono appiccicati mielosissimi cliché come i ruoli della segretaria spensierata e del giovane rampante, un profilo quest’ultimo sfruttatissimo proprio per esaltare l’esigenza di galantuomini intrepidi, giusti, coraggiosi e ardenti.

A determinare il nome di tale sottogenere è la presenza di telefoni bianchi nelle sequenze della maggior parte di questi film. Il telefono bianco era al tempo, lo Status Symbol per eccellenza del benessere sociale, poiché le persone comuni possedevano telefoni neri, un modello a minor prezzo e quindi maggiormente diffuso.
Con il termine Telefono Bianco non si vuole però escludere dall’attenzione dello spettatore altri elementi chiave riconducibili a palesi indizi di una ricchezza propria di queste genti, protagoniste dei film del sottogenere in questione. Ricordiamo per esempio la presenza di oggetti di arredamento che richiamano lo stile Déco, molto in voga negli anni ’30 e ’40.

Elementi tipici delle scenografie di questi film sono le scalinate monumentali, le statue greche e i tendaggi trasparenti. Arredamenti, indubbiamente belli ed eleganti ma incoerentemente pomposi e costosi per delle semplici segretarie o giovani scapoli piccolo borghesi.
Tutto ciò non aveva però alcuna importanza, anzi, più forte e drammatica era la crisi della quotidiana vita degli Italiani e maggiormente amplificate sarebbero state le scenografie. Innegabile è quindi che il cinema dei Telefoni Bianchi sia stato molto agevolato dal Fascismo che prevedeva di risollevare l’animo degli Italiani ed annebbiare la capacità critica, imboccando loro l’animo e lo spirito con commedie briose dalle atmosfere euforiche e spensierate.
Infondo ricordiamo che Mussolini amava citare un suo “collega” d’altre sponde affermando: Il Cinema è l’Arma più forte!

I criteri imposti dal Duce e dai suoi collaboratori, tra i quali ricordiamo per importanza Luigi Freddi, uno dei massimi responsabili della politica cinematografica italiana della seconda metà degli anni ’30 e inizio degli anni ’40, vi erano l’assoluta assenza di riferimenti alla realtà politica del paese e ai segni del Fascismo, la celebrazione di ideali di vita medio-piccolo borghese e totale silenzio nell’ambientazione della vicenda.

Il cinema dei Telefoni Bianchi, pur essendo caratteristico del nostro paese, possedeva ben poco di Italiano, i soggetti e le sceneggiature infatti erano quasi sempre attinte da autori teatrali ungheresi, molto di moda all’epoca ed anche le ambientazioni borghesi volevano emulare palesemente il cinema di Frank Capra.
La fama di tali commedie era legata a tre elementi fondamentali quali : gli interpreti, la trama e la componente melodica che corrispondeva sempre ad una canzone di successo. Impossibile cancellare dalla memoria la celeberrima Parlami d’amore Mariù, cantata nel film Gli Uomini che mascalzoni (1932) da Vittorio De Sica che poi ne avrebbe fatto il suo cavallo di battaglia per il resto della carriera.
Tra gli interpreti principali di questo genere ricordiamo le meravigliose Clara Calamai e Doris Duranti, in perenne rivalità tra loro, poi ancora Vittorio De Sica e Maria Mercader, che poi sarebbero divenuti i genitori di Christian e Manuel. Impossibile dimenticare il fascino di Massimo Girotti e il sex appeal di Amedeo Nazzari, il quale deve il suo successo ad Anna Magnani che notò il suo talento e lo fece scritturare dall’allora marito Goffredo Alessandrini per il film Cavalleria (1936).
Un nome importante che non può essere sottovalutato è quello della meravigliosa Alida Valli, la quale a differenza di molti suoi colleghi rifiutò di trasferirsi negli studi cinematografici del fascismo di Salò ( il Cinevillaggio di Venezia) e quindi di recitare nei film di propaganda fascista. Era il 1943 e fu costretta a nascondersi per un po’ di tempo a Roma a casa di amiche e poi nel ’47, anno in cui il segretario di stato USA, generale Marshall, annuncia il suo piano economico di aiuti per la ricostruzione dell’Europa, Alida se ne scappa ad Hollywood su invito del produttore Selznick che desiderava profondamente fare di lei la nuova Ingrid Bergman.
In questo determinato genere non ebbero molto rilievo i registi come fu invece all’epoca del Neorealismo, restano comunque scolpiti nella storia del Cinema due nomi di grandiosa importanza, quello di Alessandro Blasetti e di Mario Camerini.
Blasetti, anche definito come “padre fondatore del moderno cinema italiano” è uno dei massimi registi del cinema fascista ma anche uno dei cineasti più progressisti di tutti i tempi. Fu il primo in Italia a sperimentare il sonoro con Resurrectio ( 1930) ed il colore con Caccia alla volpe nella campagna romana (1938). È ricordato anche per essere stato il primo a mostrare le nudità sullo schermo e tra i primi a cimentarsi con il mezzo televisivo.
Nel 1929, mentre in America crollava la borsa valori di Wall Street dando inizio alla crisi mondiale e appariva per la prima volta in un giornale il fumetto Braccio di Ferro, Blasetti esordisce con il film Sole, un epica esaltazione delle bonifiche del regime che piacque moltissimo a Benito Mussolini, al pari dell’altro suo successo : Vecchia Guardia (1935), vera e propria apologia della Marcia su Roma. Anche Adolf Hitler apprezzò quest’ultima pellicola tanto da invitare in Germania sia Mario Cardini, il piccolo protagonista del film, appena dodicenne, che il regista.

Pur con il passare del tempo e l’evolversi del Cinema italiano, Blasetti non cesserà di dimostrarsi un lungimirante innovatore. Sarà lui ad inaugurare con il dittico Altri Tempi (1952) e Tempi Nostri (1954) il filone dei film ad episodi che raggiungerà il massimo successo negli anni ’60. Sempre nel 1954, con il film Peccato che sia una canaglia lancerà la coppia divistica italiana per eccellenza, Sophia Loren e Marcello Mastroianni.
Alcuni anni dopo il regista volle esagerare, seppur senza strafare, abbigliandosi a precursore del reportage sexy, un genere di grande successo popolare, realizzando Europa di Notte nel 1958, anno in cui in Italia viene approvata la legge Merlin che dichiarava illegittime le case di tolleranza.

È il 1943, la Gestapo arresta i membri della Rosa Bianca, che poi saranno giustiziati. Muore a New York l’inventore Nikola Tesla mentre a Liverpool nasce il futuro chitarrista e cantante dei Beatles, George Harrison. In Italia Pietro Badoglio dispone lo scioglimento del Partito Nazionale Fascista. È il 1943, ed il Cinema dei Telefoni Bianchi esala gli ultimi respiri prima di morire.

 

di (Giulia Betti)

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