Con Alejandro Gonzáles Iñárritu il tempo diviene coincidenza

È già nelle sale da qualche giorno il nuovo film di Alejandro Gonzáles Iñárritu: The Revenant – Redivivo. Se ne è parlato molto (e ancora se ne parlerà), sia perché vincitore di numerosi premi ai Golden Globe 2016 sia perché, si vocifera, potrebbe far vincere a Leonardo DiCaprio il tanto atteso e sperato Oscar.

Iñárritu si è confermato anche quest’anno regista del momento, dopo essersi aggiudicato con Birdman gli Oscar per Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Sceneggiatura Originale.

Eppure, ciò che vorremmo raccontarvi non è il regista del momento, e non è neppure la recensione di uno dei suoi film. L’intento invece, è di soffermarci sul tema che è stato alla base dei primi film del regista messicano e che lo ha portato alla celebrità.

Il tema è quello racchiuso nella cosiddetta Trilogia della Morte, che comprende i film Amores Perros, 21 grammi e Babel, scritti dal romanziere e sceneggiatore Guillermo Arriaga. Chiunque abbia visto anche solo uno di questi film si sarà reso conto che la morte non è la vera protagonista; quest’ultima è piuttosto ciò che dà il via all’intrecciarsi di storie.

La meraviglia di questi film è proprio il modo in cui Iñárritu declina il concetto di tempo. L’andamento lineare della trama, che è il modo in cui il tempo è concepito comunemente da tutti noi, passa in secondo piano.

Piuttosto il tempo diviene coincidenza, quell’attimo che costituisce il punto d’incontro, il crocevia in cui si incrociano i destini di perfetti sconosciuti. In quell’istante, le vite di coloro che vengono coinvolti cambiano per sempre, e le tutte le certezze vengono scosse dando allo spettatore l’impulso a riflettere sulla vita. “La terra girò su di noi per renderci più vicini, girò su se stessa e su di noi finché ci riunì in questo sogno” (cit. tratta da “21 grammi”).

Quello che propone il regista messicano è un tempo che si sottrae alle banalizzazioni, che si contorce e complica man mano che le storie dei personaggi si evolvono. Nella coincidenza si concentra, per Iñárritu, tutto il peso dell’esistenza.

di Michela Fiorentino Capoferri

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