La solitudine della Generazione Zeta nell’era dei social

Gli affetti veri scompaiono sempre di più, lasciando spazio ai contatti virtuali

a cura della Redazione

I social: un veleno per i giovani ragazzi d’oggi?

Sembra proprio che i social stiano avvelenando la Generazione Zeta portandola a provare depressione e isolamento. Il malessere tra gli adolescenti che provano una felicità illusoria data dal mondo digitale sta diventando sempre più un’epidemia difficile da tenere sotto controllo e da rimarginare.

Da alcuni dati emerge che dal 2009 al 2019 si è registrato un aumento di circa il 30% di studenti che si sentono tristi, disillusi, senza speranza, e la pandemia ha aggravato tutto ciò. Le restrizioni hanno limitato ancor di più i contatti reali, gli scambi di sguardi sinceri e le possibilità di creare relazioni durature, profonde e non superficiali, come spesso e volentieri sembrano quelle impostate sui social.

Una solitudine senza pari 

La socialità dal vivo lascia spazio a Tinder e alle altre piattaforme social, e di conseguenza a un’estrema solitudine. Se è vero che i ragazzi sono iper-connessi e sempre in contatto con tutto il mondo tramite i social, è altrettanto vero che si sentono sempre più tristi, ansiosi, depressi. 

I social avvicinano infatti le persone apparentemente, ma non sono in grado di costruire rapporti saldi in grado di consolidarsi nel tempo. La vita dei social sembra perfetta, ma è una perfezione effimera, illusoria, che non può concretizzarsi. La comunicazione effettuata dietro uno schermo toglie tutto ciò che di bello e reale è presente in una qualsiasi relazione. Priva di sguardi, sorrisi, dei pensieri più intimi, diventa una comunicazione limitante, limitata e superficiale.

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