Una domenica che doveva chiudersi tra adrenalina e passione sportiva si è trasformata in una pagina nera per il basket italiano. L’assalto al pullman dei tifosi del Pistoia Basket 2000, avvenuto lungo la superstrada Rieti-Terni, ha sconvolto il Paese, riportando a galla il lato più buio delle curve e lasciando dietro di sé una vittima innocente, Raffaele Marianella, autista di 65 anni, colpito a morte da un mattone lanciato contro il parabrezza.
Una serata di sport finita nel sangue
Dopo la partita contro la Sebastiani Rieti, il pullman dei tifosi pistoiesi stava facendo ritorno verso casa quando, all’altezza dello svincolo di Contigliano, è stato assalito da un gruppo di individui armati di pietre e mattoni. In pochi istanti il viaggio è diventato incubo: i vetri in frantumi, le urla, la paura. Uno dei proiettili ha sfondato il parabrezza, colpendo l’autista e togliendogli la vita sul colpo. Un gesto vile, premeditato, che nulla ha a che vedere con la passione sportiva.
Le indagini e la pista ultras
La Procura di Rieti ha aperto un’inchiesta per omicidio volontario, e gli inquirenti indagano su un gruppo di ultras legati alla curva reatina, alcuni già noti alle forze dell’ordine e con presunti collegamenti a frange dell’estrema destra. Le telecamere di sorveglianza e i tracciamenti dei cellulari stanno aiutando a ricostruire ogni movimento del convoglio, mentre sul mattone che ha causato la morte di Marianella si cercano tracce di DNA. Tutto lascia pensare a un’imboscata organizzata, pianificata nei dettagli, e non a un gesto improvvisato.
Lo sgomento del mondo sportivo
Dal Pistoia Basket alla Federazione Italiana Pallacanestro, le reazioni sono state immediate e cariche di indignazione. Le prossime partite casalinghe della Sebastiani Rieti si giocheranno a porte chiuse, in segno di rispetto e riflessione. Società, tifoserie e atleti di ogni disciplina hanno espresso cordoglio e rabbia, chiedendo pene esemplari per i responsabili. “Non è solo una tragedia sportiva, ma un fallimento culturale”, ha commentato un dirigente, sintetizzando il dolore di un intero movimento.
Oltre lo sport, una ferita per tutti
Raffaele Marianella era un uomo tranquillo, amato e rispettato da chi lo conosceva. Stava per andare in pensione dopo una vita passata sulla strada, e mai avrebbe immaginato di morire così, in servizio, vittima di una follia priva di senso. La sua morte diventa simbolo di un male profondo che attraversa lo sport moderno: l’incapacità di fermare la violenza prima che travolga ciò che dovrebbe unire.
