“Un film fatto per Bene” non è solo un film, è una riflessione sulla fine, sulle ossessioni e su un distacco volontario. Il progetto, originariamente pensato come biopic su Carmelo Bene, si trasforma in un teatro dell’insabbiamento: il regista scompare, la produzione implode, e a cercarlo resta Umberto Cantone, amico fidato e filo narrativo attraverso cui il caos prende forma.
La forza di quest’opera risiede nella sua disarmante onestà: Maresco non fugge, ma si espone. Le sue nevrosi si materializzano in sequenze intense —come il confronto gioco a scacchi con la Morte — dove il regista è allo stesso tempo icona e fantoccio delle sue stesse crisi. È qui che il film si fa carne, implacabile grido autoriale contro un sistema che ha normalizzato la mediocrità.
La narrazione è uno sbilanciato ma magnetico collage tra documentario surreale, mockumentary oscuro e confessione disperata. Attraverso voci autentiche—compresa quella di Occhipinti, produttore esasperato—e personaggi impavidi, il film costruisce una farsa dolorosa: si ride, si riflette, e si avverte lo spirito che lotta contro la cancellazione del proprio linguaggio.
I punti di forza sono nella crudezza emotiva e nell’irriducibilità stilistica. Maresco si conferma dissidente ultimo del cinema italiano, un detonatore di verità senza compromessi. La sua invettiva non risparmia nessuno, nessun privilegio, nessun cliché. Il risultato è un’opera che vive nel frammento, nell’incompiuto, nel silenzio imposto dalle regole.
Eppure, questa potenza genera anche cadute. La struttura volutamente dispersiva può allontanare chi ama la trama definita o il thriller compatto. In alcuni tratti, l’ironia esasperata sfiora l’autocompiacimento, e lo spettatore meno affine al linguaggio interno del cinema fatica a seguirne certi slanci.
Ma è proprio questa frammentarietà l’essenza della sua ribellione: un film che non pretende di essere perfetto, ma che reclama spazio per esistere nel disordine. In fondo, “Un film fatto per Bene” riesce laddove molti falliscono: fa sentire viva la scintilla di cinema che rinasce dalle proprie ceneri.
