“Marc by Sofia” è il film che segna l’esordio documentaristico di Sofia Coppola, presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia. Il suo soggetto? Il celebre stilista Marc Jacobs, ritratto in un ritratto a due voci fluido, intimo, costruito non sui fatti ma sulle atmosfere.
Coppola sceglie la discrezione dell’istantanea, lungi da un impianto biografico tradizionale. Il risultato è un poetico collage di immagini—archivio, backstage, film cult e frammenti di quotidianità—che lascia emergere un ritratto emotivo più che cronologico, come un mood board in movimento.
Si apprezza il senso tangibile della fiducia tra regista e soggetto: la telecamera si insinua nel dietro le quinte del suo atelier, nel delicato work-in-progress della collezione primavera-2024, ma si ferma prima di scavare nel profondo intimo. Jacobs appare rilassato, forse protetto dalla familiarità con Coppola, che evita intenzionalmente il voyeurismo. Questo filtro di cura crea un ritratto affettuoso, ma lascia anche desiderare più profondità: pochi colpi di genio narrativi, pochi drammi, e solo qualche accenno alla sua vita personale.
La scelta di evitare drammatizzazione rafforza l’eleganza estetica del documentario, ma rischia anche di conferire una sensazione di incompiuto. Le sequenze dedicate ai grandi spettacoli di Jacobs — le suggestioni degli anni Novanta, New York, Old Hollywood — sono visivamente magnetiche, ma non sempre raccontano il processo creativo, quanto piuttosto lo stile e l’ispirazione.
In questo senso, “Marc by Sofia” privilegia l’atmosfera e la nostalgia del passato, la complicità amichevole, il racconto per suggestioni visive. È perfetto per chi vuole immergersi nel mondo sensoriale di uno dei grandi creatori contemporanei, ma non offre la piena esplorazione intellettuale o emotiva del personaggio. Rimane così una testimonianza gentile di un artista nel suo habitat, senza aspirare a svelarlo completamente.
