Un film che celebra la follia geniale, la determinazione e l’ironia di un uomo capace di sfidare tutto e tutti, anche il destino. Il Grande Boccia, diretto da Karen Di Porto, con Emanuele Barbalonga, Urbano Barberini e Nico Di Renzo, racconta la parabola incredibile di Tanio Boccia, l’uomo che la critica definì “il peggior regista del cinema italiano” ma che, nel suo modo irripetibile, seppe trasformare ogni errore in uno stile. Tra nostalgia, ironia e un amore viscerale per la macchina da presa, il film è un viaggio dentro un’epoca che sapeva sognare anche con pochi mezzi, e che oggi, forse, dovremmo imparare di nuovo ad amare.
Il regista che non si arrende mai
Nel 1964 Tanio Boccia è un uomo al limite ma pieno di energia creativa. Deriso da molti, braccato dai creditori, ma mosso da un entusiasmo fuori dal comune, riesce a girare quattro film contemporaneamente, tra cui Maciste alla corte dello zar e La valle dell’eco tonante. In un’Italia che cambiava rapidamente, Boccia incarnava la figura del sognatore puro: disordinato, appassionato, un artigiano del cinema che credeva nella magia dell’improvvisazione più che nella perfezione tecnica. Ogni set era una battaglia, eppure lui trovava sempre un modo per vincerla, anche con una troupe stanca e pochi soldi in tasca.
Il trionfo di Leone e il silenzio del pubblico
L’uscita di Per un pugno di dollari cambia tutto. Il successo del film di Sergio Leone inaugura il mito dello spaghetti-western e travolge il piccolo universo di Tanio Boccia, che da un giorno all’altro vede svanire il suo pubblico. Nessuno va più a vedere i suoi film, i produttori spariscono, le sale si svuotano. Ma ciò che resta è la sua incredibile resilienza. Il Grande Boccia di Karen Di Porto racconta proprio questo: la tenacia di un uomo che non ha mai smesso di crederci, continuando a girare anche quando il mondo gli voltava le spalle.
L’arte del cinema imperfetto
Karen Di Porto costruisce un ritratto affettuoso, ironico e poetico. Boccia diventa un simbolo dell’Italia che si arrangia, che sogna nonostante tutto, e che nel caos trova sempre un colpo di genio. Le sue pellicole, oggi rivalutate da cinefili e storici del cinema, mostrano una libertà creativa che il cinema contemporaneo raramente osa. Dalla spada al western, Boccia ha attraversato i generi con una naturalezza che lo rende, suo malgrado, un innovatore. Il Grande Boccia restituisce quella passione incontrollabile, trasformando il “peggior regista” in un eroe umano e irresistibile.
La magia del sogno ostinato
Nel film, Tanio Boccia non è solo un regista dimenticato: è l’emblema di chi non smette mai di inseguire la propria visione. Ogni errore diventa un’intuizione, ogni difficoltà un’occasione per reinventarsi. Karen Di Porto ci accompagna in un viaggio emotivo e brillante, tra malinconia e risate, che parla a chiunque abbia sognato qualcosa di impossibile. Perché, in fondo, il cinema, come la vita, appartiene a chi osa.
