Non è il Bono degli stadi, né il simbolo degli U2. A Cannes 2025, Paul David Hewson – in arte Bono – si spoglia del mito per mostrarsi uomo, marito, figlio, superstite. Con il documentario Stories of Surrender, presentato nella sezione Special Screenings e accolto da sette minuti di applausi, il frontman si mette a nudo in un racconto che mescola musica unplugged, memorie personali e ironia dolente.
Dal Beacon Theatre di New York a Napoli: un racconto in bianco e nero
Girato tra il 2023 e il 2024, Stories of Surrender nasce dallo spettacolo dal vivo tenuto da Bono al Beacon Theatre di New York, con una coda emozionante al Teatro San Carlo di Napoli. Diretto da Andrew Dominik (già regista di documentari su Nick Cave), il film è ispirato al memoir Surrender: 40 Songs, One Story e si presenta in bianco e nero, come se volesse eliminare ogni filtro tra l’artista e lo spettatore.
Tra confessione e performance: una resa dei conti in musica
Bono ripercorre la propria vita in modo quasi teatrale, dividendo il racconto in capitoli: dalla crisicardiaca del 2016 al dolore per la morte della madre Iris, dall’amore eterno per la moglie Ali al complicato rapporto col padre Bob, fino all’incontro con Luciano Pavarotti e alla missione umanitaria post-Live Aid. In parallelo, esegue versioni acustiche di brani iconici degli U2 – tra cui Sunday Bloody Sunday e With or Without You – accompagnato da arpa e violoncello.
“Non sono la persona che vorrei essere”
«Quando diventi un personaggio pubblico, rischi di scadere nella caricatura», dichiara Bono nel film. «Scrivere questo racconto è stato un modo per togliere l’armatura». Un’affermazione che riecheggia come un manifesto d’intenti: Stories of Surrender non è solo un documentario, ma un esercizio di umiltà e autocritica, un atto di sincerità disarmante che rivela l’uomo dietro l’icona.
Un grande narratore, prima ancora che un frontman
Oltre ad essere uno showman e attivista globale, Bono si rivela anche un narratore straordinario, capace di tenere il pubblico incollato a ogni parola. La regia di Dominik non sovrasta mai la forza del racconto, lasciando che siano la voce e i ricordi a guidare lo spettatore.
