Con L’inganno di Magritte, Alessandro Perissinotto firma un nuovo romanzo che unisce la forza del thriller psicologico al fascino intramontabile dell’arte. Pubblicato da Mondadori, il libro cattura fin dalla prima pagina con un intreccio che mescola suspense e cultura, verità e inganno, costruendo una storia che tiene il lettore con il fiato sospeso. Non è soltanto un giallo da divorare, ma un’opera che invita a riflettere sul rapporto tra realtà e illusione, proprio come le tele del celebre pittore surrealista da cui prende ispirazione.
Un titolo che è già enigma
Il titolo L’inganno di Magritte non è soltanto un richiamo all’universo surrealista, ma un vero manifesto del romanzo. Come nelle opere del pittore belga, in cui l’occhio viene costretto a dubitare di ciò che osserva, anche nella trama costruita da Perissinotto ogni certezza si sgretola sotto il peso dell’ambiguità. Ciò che appare lineare si rivela ingannevole, ciò che sembra evidente diventa oscuro, e il lettore si trova a muoversi in un labirinto di specchi in cui la realtà cambia forma a ogni pagina. Ogni indizio porta con sé più domande che risposte, creando una tensione che cresce costantemente. È proprio in questo continuo gioco di svelamenti e menzogne che il romanzo trova la sua forza, invitando chi legge non solo a seguire la storia, ma a mettere in discussione la propria percezione del vero.
Personaggi complessi e sfaccettati
Al centro del libro non ci sono eroi tradizionali, ma uomini e donne attraversati da zone d’ombra, fragilità e desideri contrastanti. Perissinotto non offre figure monolitiche, ma protagonisti che vivono di contraddizioni e che rivelano gradualmente le proprie verità nascoste. Ogni personaggio diventa un tassello essenziale per comprendere il mosaico narrativo, un frammento che mostra come la linea tra innocenza e colpa sia spesso sottile e sfumata. Sono figure che intrigano perché rispecchiano l’essere umano nella sua complessità: non interamente buoni né interamente cattivi, ma veri, tridimensionali, pieni di paure e di speranze. È proprio attraverso la loro ambiguità che si alimenta l’inganno più grande, quello che non risiede negli eventi esterni, ma nell’animo stesso di chi li vive.
L’arte come chiave narrativa
Il legame con Magritte non è solo estetico, ma sostanziale. Le atmosfere oniriche e spiazzanti del pittore belga diventano parte integrante della struttura del romanzo, influenzando il ritmo, i simboli e persino il modo in cui i misteri vengono rivelati. Oggetti comuni assumono significati diversi, ambientazioni quotidiane si tingono di inquietudine, dettagli apparentemente marginali si trasformano in indizi rivelatori. È come se ogni pagina fosse una tela che nasconde più livelli di lettura, costringendo il lettore a chiedersi continuamente cosa sia reale e cosa invece illusione. In questo modo, l’arte diventa non solo ispirazione, ma linguaggio narrativo, capace di amplificare il senso del romanzo e renderlo un’esperienza multisensoriale, in bilico tra letteratura e pittura.
Un thriller che diventa esperienza
Alla fine, leggere L’inganno di Magritte significa lasciarsi trascinare in un’avventura che va oltre il piacere della trama gialla. Certo, la tensione narrativa e il ritmo serrato tengono incollati fino all’ultima pagina, ma ciò che rimane è molto di più: è la riflessione sul confine sottile tra verità e inganno, sull’importanza dello sguardo e sul potere delle illusioni. Perissinotto non costruisce solo un thriller elegante e avvincente, ma un’esperienza culturale che arricchisce e stimola. Il romanzo diventa così un invito a leggere il mondo con occhi nuovi, a non accontentarsi delle apparenze, a cercare sempre ciò che si cela dietro la superficie. Proprio come un quadro di Magritte, lascia in chi lo osserva un senso di stupore e inquietudine che continua a vivere anche a libro chiuso.
