Parigi, 5 ottobre 2025. Nella penombra del Louvre, dove il silenzio sembra attendere una rivelazione, si accende la nuova visione di Alessandro Michele per Valentino. La collezione Spring/Summer 2026, intitolata “Fireflies”, è un viaggio tra buio e bagliore, un canto alla speranza ispirato a una lettera del 1941 di Pier Paolo Pasolini. Quelle lucciole di cui lo scrittore parlava, simboli di vita che resistono anche nelle notti più cupe del fascismo, diventano ora metafora di una moda che non si arrende alla superficialità, ma cerca una scintilla di senso, di bellezza, di umanità.
La voce di Pamela Anderson, che recita il manifesto del designer, apre lo show con parole che attraversano il pubblico come un sussurro potente: “In questo momento così buio, dobbiamo ricordarci di non spegnere la luce”. E da lì inizia il viaggio di Michele, fatto di trasparenze, fiocchi, velluti e visioni luminose, dove ogni abito sembra voler raccontare un pensiero, non solo una forma.
Un racconto di buio e bagliore
La scenografia è semplice ma densa di significato: luci intermittenti che si accendono e si spengono come respiri, come battiti. Le modelle emergono dall’ombra e si dissolvono in un’alternanza di chiaroscuri, mentre la colonna sonora pulsa come un battito cardiaco. È una rappresentazione della fragilità del tempo presente, ma anche della sua bellezza. Michele, fedele alla sua poetica colta e simbolica, fa della moda un linguaggio universale, capace di parlare al cuore più che agli occhi.
Il suo messaggio è politico e umano allo stesso tempo: l’abito come strumento di resistenza, come gesto di fiducia nel futuro. “La moda deve continuare a sognare,” dice lo stilista, “non per fuggire dalla realtà, ma per immaginare un modo diverso di viverla.” Fireflies non è solo una collezione, è un invito a credere che anche la più piccola scintilla possa cambiare la notte.
La sartorialità come atto di grazia
La prima uscita, una blusa blu pavone con fiocco al collo e pantaloni chartreuse in raso, stabilisce subito il tono: rigoroso ma lieve, classico ma libero. Segue un susseguirsi di silhouette costruite su una grammatica semplice e quasi rituale: camicia e gonna a matita, camicia e pantaloni, in infinite variazioni di materiali e sfumature. Chiffon, georgette, velluto e suede si intrecciano in un dialogo raffinato di texture, alternando lucentezza e opacità.
Michele abbandona la complessità barocca del passato per abbracciare una nuova purezza, più intima, quasi spirituale. Le linee si allungano, le spalle si arrotondano, i volumi si addolciscono: la femminilità diventa essenza, non ornamento. Eppure, dietro la calma apparente, c’è sempre quel senso di tensione emotiva che definisce il suo linguaggio: un equilibrio costante tra romanticismo e inquietudine.
Colori che respirano, sogni che resistono
I colori scelti raccontano un’emozione più che una stagione. Zaffiro, rubino, bianco ottico e nero tuxedo si alternano a bagliori cangianti, come riflessi notturni d’acqua o ali di falena. Gli abiti da sera, asciutti, essenziali, mai eccessivi, rinunciano alle paillettes e alle armature per lasciare spazio a una bellezza meditata, quasi sospesa. Ogni capo è un atto di misura, una dichiarazione di semplicità che diventa lusso.
Nel finale, tutte le modelle si raccolgono al centro della passerella, illuminate da luci pulsanti che simulano il volo di centinaia di lucciole. È un’immagine potente e poetica, una delle più toccanti di tutta la settimana parigina: un momento di silenzio e commozione collettiva. Michele osserva da lontano, quasi in penombra, lasciando che a parlare sia la sua visione, quella di un artista che ha trasformato la malinconia in luce.
La moda come gesto di speranza
“Quando sono arrivato in Valentino,” ha detto Michele, “mi sono lanciato dentro qualcosa di enorme. Ora sto imparando a scegliere.” Fireflies segna proprio questa maturità: il tempo della selezione, della sottrazione consapevole. Non più la necessità di stupire, ma quella di comunicare. E in questo percorso, Valentino riscopre la propria anima luminosa, capace di fondere la classicità romana con l’immaginario poetico del suo nuovo direttore creativo.
In un mondo sempre più dominato dal rumore, Michele sceglie il silenzio, la lentezza, la delicatezza. Ci ricorda che la moda non è solo spettacolo, ma linguaggio, emozione, gesto. E che, come le lucciole di Pasolini, anche una scintilla può bastare per resistere al buio.
