Nell’ex dimora parigina di Karl Lagerfeld, l’Hotel Pozzo di Borgo, la moda abbandona la terra per spiccare il volo verso un’altra galassia. Thom Browne trasforma il suo show Spring/Summer 2026 in un’esperienza cinematografica, dove la sartoria più rigorosa incontra la fantasia di un viaggio spaziale. Figure argentate, luci siderali e una colonna sonora elettronica pulsante catapultano il pubblico in un’altra dimensione. Non è solo una sfilata, ma un racconto interstellare sull’identità, la forma e il potere dell’immaginazione. Browne costruisce un universo dove la tradizione incontra il futuro, e ogni cucitura sembra appartenere a un’altra orbita.
Un tailoring che sfida la gravità
Il linguaggio di Thom Browne è preciso come un’equazione e teatrale come un sogno. Il suo tailoring americano si piega a nuove geometrie: giacche scolpite che abbracciano il busto, spalle curve che si proiettano in avanti, gonne plissettate leggere come aria. I materiali si fanno eterei, tweed sottili, chiffon a quadri, lane argentate, fluttuano come satelliti sartoriali nello spazio di una collezione che non conosce peso. La giacca, simbolo del suo DNA, viene destrutturata, analizzata, reinventata fino a diventare icona del movimento. Ogni capo è un esperimento di eleganza gravitazionale, un punto d’incontro tra rigore e leggerezza, come se la sartoria stessa volesse imparare a respirare nel vuoto.
Creature venute da un’altra moda
Poi, il colpo di scena: figure aliene invadono la passerella. Capelli e pelle argentati, volti coperti da maschere verdi lucide, abiti dalle proporzioni impossibili. Alcuni look moltiplicano le maniche, altri sdoppiano le gambe, altri ancora si espandono in strutture geometriche che sembrano sculture in movimento. Eppure, tutto resta incredibilmente armonico: Browne dosa l’eccesso con la precisione di un sarto zen. L’immaginario fantascientifico non cancella la mano artigiana, la esalta. Ogni capo racconta ore di costruzione, prove, rifiniture, in un dialogo continuo tra realtà e visione. Sono alieni che non conquistano, ma incantano: ambasciatori di una nuova estetica, dove il classico incontra il surreale e la logica cede il passo al sogno.
L’eleganza del paradosso
Nel cuore di questa collezione vive il contrasto più affascinante: quello tra ordine e anarchia sartoriale. Browne mescola riferimenti accademici, cultura pop, cinema e mitologia americana in un collage visivo che sfugge a ogni etichetta. Ci sono abiti con righe varsity, cappotti che sembrano esplodere in costellazioni di perle, gonne-balloon tanto ampie da sembrare pianeti. Ogni dettaglio è un piccolo cortocircuito estetico, un gioco di precisione e follia. L’effetto è magnetico: il pubblico assiste a una danza di contrasti, tra punk e couture, tra Harvard e Hollywood, tra uomo e donna, tra scienza e arte. Thom Browne non si limita a creare moda, costruisce mondi paralleli.
Un finale che parla di umanità
Quando le luci si abbassano, la sensazione è quella di aver assistito a una parabola sull’essere umano. Sotto le armature argentate e le giacche perfette, Browne racconta la necessità di un’eleganza empatica, capace di unire rigore e sensibilità. I suoi alieni non invadono, accolgono: “We come in peace” diventa il messaggio universale di una moda che invita alla connessione, non alla separazione. Con ironia e grazia, Thom Browne mostra che anche la perfezione può essere calda, che la disciplina può convivere con la poesia. Ed è forse proprio questo il suo segreto: creare emozione attraverso la precisione, e stupore attraverso la misura.
