Per l’Haute Couture Autunno-Inverno 2025/26, Stéphane Rolland compone una sinfonia visiva che unisce due immaginari apparentemente opposti: quello di Maurice Ravel, architetto del ritmo astratto e meccanico, e quello di Ida Rubinstein, musa in cerca di un sogno iberico, sensuale e visionario. Ne nasce un incontro tra controllo modernista e febbre barocca, tra danza e automazione, tra oriente e avanguardia.
In questa tensione creativa, la Spagna evocata da Rolland diventa tanto meccanica quanto mitica, attraversata da inflessioni orientali e slanci futuristi. Le silhouette emergono come partiture musicali, in cui la struttura prevale ma pulsa sotto la superficie un’anima ardente. Volumi scolpiti con la precisione di un motore si aprono a respiri incandescenti, accarezzati da ricami e bagliori.
Il nero domina la scena, drammatico e nobile, espresso attraverso crêpe, satin, gazar e chiffon. I capi si trasformano in architetture: abiti scultorei con colletti cubici, tuxedo dalle revers monumentali, jumpsuit a gamba semi-circolare e mantelle da torero arricchite da ricami minuziosi. E poi l’irruzione del rosso, come una sincope visiva: fuoco, passione, un’ode accesa al Boléro.
A vestire il corpo, ricami di corallo e cristalli, cape samurai rivestite di paillettes nere e trasparenti, gigantesche corolle e flutti di seta che sembrano evaporare in un sogno visivo. È una couture che oscilla tra tensione e ornamento, tra misura e opulenza, tra spirito del balletto e meccanica del gesto.
A questo universo si aggiunge il bagliore quasi sacro di gioielli-simbolo: spille-frusta come diamanti, collari-armatura, gilet cerimoniali, medaglioni sospesi come talismani, che completano il quadro di una liturgia laica della forma.
La sposa infine chiude il defilé come icona bianca: un’apparizione incoronata da una cupola ricamata d’oro, epilogo e culmine di questa sinfonia sartoriale che vibra tra rigore giapponese e fantasia spagnola.