La primavera/estate 2026 di Coach si apre con un’alba urbana che profuma d’ottimismo: lunedì 15 settembre, sul Pier 36 che si affaccia sull’East River, Stuart Vevers ha presentato una collezione che non è solo abbigliamento, ma un racconto d’inizio giornata, di città che si risvegliano, di luce che tramonta e risorge, dove il bianco polveroso incontra la pelle vissuta, le silhouette pulite s’incontrano con patchwork vissuti, e l’arte del dettaglio diventa promessa di qualcosa di più.
Luce, città, poesia metropolitana
Appena entrati nello spazio del runway si respirava l’atmosfera del mattino in città: quel momento sospeso tra il silenzio delle strade appena sveglie e il risveglio prossimo del traffico. La scenografia proiettava gli skyline di Manhattan (e anche di Seattle) sulle pareti, come preludio visivo alla collezione; la luce del sole nascente ha dettato i toni: bianchi, crema, nuance sbiadite dal sole, colorazioni polverose che sembrano scolorite ma mai spente. Vevers, con questa palette, ha voluto catturare l’alba, quell’energia fragile ma piena di promesse che solo le prime ore del giorno sanno avere.
Grit & gloss: texture vive e contrasti emotivi
Coach SS26 è costruita sul dialogo tra il vissuto e il lucido: il cuoio invecchiato, le giacche di jeans sdrucite, i pantaloni con orli sfrangiati, tutti elementi che portano con sé una storia, un’imperfezione che diventa bellezza. E poi accanto, blazer checkati dal taglio classico, pelle suede nuova, dettagli metallici che brillano come piccoli lampi sotto il cielo mattutino. Le silhouette mostrano una dualità: la parte superiore è precisa, controllata, quasi composta; la parte inferiore si espande, si allunga, ondeggia, accompagnata da pantaloni larghi, gonne morbide o overture tessili che fluttuano.
Accessori che parlano di memoria e identità
Non sono solo i vestiti a costruire il mondo di Coach SS26: anche gli accessori diventano codici emotivi. Borse come il “Kisslock” cilindrico da portare sotto braccio, hobo con chiusura a fermaglio laterale, e i charm gioiello protagonisti appesi al collo: cordini con taschine, medaglioni, tag incise con messaggi come “My Love”, “Forever Yours”. Un richiamo agli oggetti raccolti nei mercatini dei vicoli, agli amuleti personali, a quell’idea di identità che si costruisce pezzo dopo pezzo, ricordo dopo ricordo. Il tutto perfettamente integrato: non accessori che spiccano, ma dettagli che rendono personale ogni look.
Futuro sensibile e polvere di sogno
Quella che Vevers ci regala con questa collezione è una visione che guarda avanti, ma con i piedi saldi sulla concretezza della strada. I materiali upcycled, le finiture “sporche” (nel senso buono del termine), gli effetti cromatici usurati, tutto coniuga sostenibilità estetica e sensibilità moderna. Ci sono momenti lucidi, momenti ruvidi, momenti che parlano di libertà, altri che parlano di calma. Alla fine, il risultato è un Coach più maturo, più luminoso, che non rinuncia all’imperfezione come segno distintivo, ma la trasforma in poesia urbana. Un invito a vestirsi non solo per essere visti, ma per sentirsi in dialogo con la città, con le sue luci, i suoi rumori, le sue attese.
