Il 4 ottobre torna festa nazionale: l’Italia riscopre il cuore di San Francesco

Il 4 ottobre torna festa nazionale: un giorno di pace, fraternità e rinascita collettiva.

a cura della Redazione

Certe date hanno un’anima. E il 4 ottobre, da oggi, torna a battere nel calendario come una di quelle che raccontano chi siamo. Dopo quasi cinquant’anni, l’Italia restituisce dignità e significato a una delle sue ricorrenze più profonde: la festa di San Francesco d’Assisi, patrono del Paese e simbolo universale di pace, umiltà e dialogo. Dal 2026, questo giorno tornerà a essere festivo per legge, grazie al disegno di legge approvato in via definitiva dal Parlamento. Un ritorno che non è solo religioso, ma culturale, umano, collettivo. In un tempo in cui il mondo corre e si divide, l’Italia sceglie di fermarsi, anche solo per un giorno, per ricordare che la vera forza è nella semplicità.

Un ritorno che profuma di pace

Il 4 ottobre non sarà soltanto un giorno di pausa, ma una “Giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra culture e religioni”. È scritto nero su bianco nel testo della legge, ma suona come una poesia civile. In un momento storico in cui le guerre si moltiplicano e la distanza tra le persone sembra crescere, il messaggio francescano, fatto di rispetto, empatia, amore per la natura e rifiuto dell’eccesso, torna ad avere una forza disarmante. Un invito a guardarsi negli occhi, a respirare, a costruire ponti. Una festa che non celebra il passato, ma il bisogno urgente di ritrovare la nostra umanità.

Dal taglio del 1977 al ritorno del 2026

Non tutti sanno che questa ricorrenza era stata abolita nel 1977, durante l’ondata di austerità economica che aveva portato a eliminare alcune festività “non essenziali”. Fu un taglio freddo, dettato dalla necessità di risparmiare: con la legge 54 sparirono il 4 ottobre, San Giuseppe e i Santi Pietro e Paolo (poi ripristinati per Roma). Ma San Francesco è rimasto nel cuore del Paese, celebrato nelle scuole, nelle parrocchie, nei piccoli riti familiari. Ora, quarantanove anni dopo, quella ferita simbolica viene ricucita. E lo fa con un senso nuovo: non come privilegio, ma come giorno condiviso di consapevolezza nazionale.

Un investimento nel senso del tempo

Lo Stato ha stimato 10 milioni di euro all’anno per coprire i costi legati alla retribuzione del personale pubblico e dei servizi essenziali. Un numero che, in confronto al valore simbolico, pesa poco o nulla. Il 4 ottobre 2026 cadrà di domenica, quindi il primo vero giorno “libero” sarà nel 2027, ma il messaggio è già arrivato. In un Paese in cui tutto corre e si misura, dedicare un giorno alla pace e alla lentezza è un atto quasi rivoluzionario. È come se l’Italia avesse deciso di ricordarsi che non tutto ciò che conta produce profitto, ma può generare valore.

Un’Italia che sceglie di fermarsi per capire

Non è solo una data in più sul calendario: è un gesto di riconciliazione, un modo per tornare a respirare come comunità. In un tempo frammentato, il ritorno del 4 ottobre unisce laici e credenti, giovani e anziani, chi lavora e chi studia. È una festa che parla a tutti, perché parla di noi. Del bisogno di ascoltare, di rispettare, di non dimenticare la gentilezza. Forse non cambierà il mondo, ma potrà ricordarci, almeno una volta all’anno, che c’è un modo diverso di viverlo. E questo, in fondo, è già un piccolo miracolo.

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