Il 2025 è stato un anno straordinario per Giorgia, icona della musica italiana . Dopo aver incantato il pubblico dal palco del Festival di Sanremo con il brano “La cura per me”, certificato Platino e con oltre 130 milioni di stream globali, Giorgia si conferma una delle artiste più amate e seguite in Italia. Il singolo ha conquistato il secondo posto tra i più venduti del primo semestre dell’anno, consolidando ulteriormente la sua presenza sulla scena musicale nazionale e internazionale.
Ma la cantante non si è fermata qui: il 7 novembre uscirà il suo attesissimo album, anticipato dal singolo “Golpe”, il cui video è stato girato nelle suggestive strade di Galatina e diretto da Emanuel Lo. Contemporaneamente, torna il suo tour “Come Saprei Live”, che celebra i 30 anni dell’amatissimo singolo “Come Saprei”, con tappe nei principali palasport a partire dal 25 novembre.
Dal 2024, inoltre, Giorgia affianca i giudici del talent X Factor, accompagnando i concorrenti sul palco con la sua esperienza e il suo talento unico. Con una carriera che continua a crescere senza sosta, Giorgia si conferma un punto di riferimento della musica italiana contemporanea, capace di emozionare generazioni diverse.
Da due anni accompagni i giovani talenti sul palco di uno dei talent musicali più famosi d’Italia. Cosa noti di diverso nei ragazzi di oggi rispetto a quando hai iniziato tu? C’è più competizione nel settore musicale rispetto al passato?
Oggi ci sono molti più strumenti tecnologici per fare musica anche nella propria stanza. Questi ragazzi arrivano più preparati, più centrati: sanno cosa vogliono fare e cosa vogliono cantare. Ai miei tempi, invece, cercavamo di capirlo strada facendo. Oggi, spesso, hanno già un producer che li segue e un’idea precisa del loro percorso. I social, per assurdo, aiutano questa centratura: è come se ti costringessero a sapere chi sei e a difendere ciò che vuoi diventare.
Cosa hai imparato stando a contatto con i giovani autori? E cosa stai imparando da loro, anche rivedendoti nelle loro canzoni?
Questo disco è nato dal desiderio di rimettermi davvero nella musica. Veronica Corno è stata la prima a prendermi per mano e a dirmi: “Devi tornare a fare musica, è giusto così”. Anche se all’inizio non ero lucida su cosa volessi cantare, le ho detto di sì, ma solo con una guida.
Così, partendo da Slait e poi con Marcella Montella, ho ricevuto tanto materiale da ascoltare e provare. La cosa che mi ha colpito di più è che molti di questi brani arrivavano da autori giovanissimi, ma con una consapevolezza che io ho impiegato quarant’anni – se non di più – a costruire.
Nei loro testi c’è una grande maturità emotiva: pezzi come Paradossale sembrano scritti da qualcuno che ha vissuto molte relazioni, e invece sono ragazzi poco più che ventenni. Vivono tutto in tempi più brevi ma con un’intensità maggiore, come se avessero già imparato la delusione e la disillusione.
Mi è piaciuto riconoscermi nelle loro parole, farle mie, come in Carillon. Mi sono “ricostruita addosso” quei vestiti, sono uscita dalla mia comfort zone, ho lavorato in sala con loro, anche sulla vocalità. È stato un vero scambio: prima pensavo di poter fare tutto da sola, ma questo disco mi ha insegnato il contrario.

Il tuo percorso musicale è sempre stato legato al soul, cifra che ritroviamo anche nel brano Sabbie Mobili (dall’album G). Quanto è importante per te essere riconosciuta come interprete soul in Italia e quanto senti che questo stile ti rappresenti oggi rispetto agli inizi della tua carriera?
Ci sono stati periodi in cui era difficile proporre le canzoni “alla mia maniera”. Penso agli anni ’90, quando ascoltavo tanto R&B e dovevo comunque trovare un equilibrio tra quel mondo e il pop italiano, cercando di cantare cose che mi piacessero ma che fossero anche comprensibili al pubblico. A volte ci sono riuscita meglio, altre peggio. Quando quella sonorità è stata finalmente sdoganata, ho tirato un sospiro di sollievo. Non è stato semplice entrare in quella scrittura più contemporanea, ma oggi mi riempie d’orgoglio riconoscere nei giovani artisti elementi che mi somigliano. È come se qualcosa tornasse sempre, un filo che tiene insieme il senso della musica. Per me la musica è una forma di poesia, qualcosa da vivere in modo autentico e vero.
Stiamo assistendo a una sorta di “rinascimento” di Giorgia: il brano La cura è stato considerato il vincitore morale di Sanremo, i concerti sono andati sold out. Che sensazione ti dà questo momento?
Mi sento un po’ come un Terminator: mi abbattono, poi mi ricompongo, come il mercurio che si riunisce nel film . È un nuovo rinascimento, ma non il primo. Il bello di non avere più vent’anni è proprio scoprire che le cose possono cambiare, trasformarsi, dipende da come le vivi.
