Il 28 settembre 2025, la Milano Fashion Week ha accolto il ritorno in passerella di Stella Jean, assente da tre anni, con una collezione intitolata “Where Women Move Mountains”. Non una semplice sfilata, ma un manifesto politico e culturale che ha trasformato la moda in strumento di dialogo tra tradizioni, territori e comunità. La designer ha scelto di intrecciare il proprio linguaggio sartoriale con quello delle artigiane del Bhutan, portando in scena una visione che va oltre l’estetica: la moda come leva sociale, economica e simbolica.
Un ritorno che è un messaggio
Fin dall’inizio era chiaro che questa non sarebbe stata una passerella convenzionale. Con “Where Women Move Mountains”, Stella Jean ha celebrato il coraggio femminile, l’artigianato come patrimonio da proteggere e la necessità di unire culture diverse. Il Bhutan, con i suoi tessuti secolari e le sue artigiane, è diventato protagonista accanto al savoir-faire italiano, creando un ponte inedito che ha catturato l’attenzione internazionale. Il ritorno della stilista è stato accolto come un atto di resistenza e di speranza: non solo abiti, ma storie di mani e comunità che insieme costruiscono futuro.
Tessuti che raccontano territori
La materia è stata il cuore pulsante della collezione. Il fibra di ortica himalayana, raccolta e filata secondo pratiche sostenibili, è stata trasformata in tessuti che hanno preso vita sulle passerelle milanesi, arricchiti da ricami e lavorazioni italiane. Chiffon leggero, raffia intrecciata e cotoni rigenerati si sono alternati con sete pregiate, creando contrasti tattili di grande fascino. La palette ha evocato i paesaggi naturali: sabbia, verde muschio, blu profondo e rosso intenso, con accenti luminosi che spezzavano l’armonia cromatica per infondere energia narrativa. Ogni tessuto era un pezzo di storia, un racconto di identità, territorio e resistenza.
Silhouette tra tradizione e modernità
Le forme hanno unito sartorialità italiana e tradizione bhutanese. Giacche dalla linea precisa dialogavano con corsetti ispirati al kira, l’abito femminile tradizionale del Bhutan, mentre pannelli tessuti a mano diventavano parte integrante della costruzione dei capi. Gli abiti lunghi ondeggiavano con leggerezza, mentre completi strutturati sottolineavano la forza della silhouette. Non erano semplici citazioni esotiche, ma un vero processo di co-creazione, in cui ogni capo raccontava la fusione di due culture. La passerella è diventata così il luogo dove estetica e etica si sono incontrate, celebrando la complessità della femminilità contemporanea.
Moda come atto politico
Il momento più intenso è arrivato al finale, quando Stella Jean ha alzato una T-shirt con un messaggio di ringraziamento a Giorgio Armani, riconoscendo il suo sostegno nei momenti cruciali. Ma il messaggio della collezione andava oltre: la richiesta di politiche concrete a favore dell’artigianato, come la riduzione dell’IVA per i prodotti artigianali e procedure più accessibili per le microimprese. La SS26 di Stella Jean non è stata solo moda, ma una dichiarazione di impegno sociale e culturale, che ha dimostrato come la creatività possa diventare strumento di cambiamento reale.
