Antonio Marras SS26: il Bloomsbury Group incontra la Sardegna

Antonio Marras intreccia Sardegna e Bloomsbury Group, trasformando la moda in resistenza poetica condivisa.

a cura della Redazione

Con la collezione Spring/Summer 2026, Antonio Marras intreccia memoria, letteratura e tradizione in una narrazione che immagina un incontro impossibile, quello tra il Bloomsbury Group e la Sardegna, trasformando la passerella in un viaggio teatrale dove i protagonisti dell’avanguardia culturale londinese approdano ad Alghero, trovando nell’isola il loro paradiso terreno, un luogo che diventa simbolo di libertà, di identità e di bellezza condivisa.

La libertà come linguaggio

La collezione SS26 di Antonio Marras si apre come un viaggio che mette in scena l’essenza della libertà, intesa come scelta estetica e di vita. Ogni capo è una dichiarazione d’intenti: Marras prende in prestito lo spirito anticonformista del Bloomsbury Group, che già nei primi decenni del Novecento rifiutava schemi sociali e culturali, e lo traduce in un guardaroba dove il rigore convive con l’eccesso, il maschile con il femminile, la tradizione con l’innovazione. In passerella compaiono vestaglie da diva hollywoodiana alla Gloria Swanson accanto a tailleur maschili, caban generosi e completi da sera; e ancora pigiama suit e abiti cocktail che scivolano morbidi, alternando volumi teatrali a silhouette essenziali e androgine. Ogni elemento è studiato per scardinare la rigidità delle regole, creando un linguaggio che celebra l’individualità, il coraggio di mescolare mondi opposti e la voglia di reinventarsi costantemente. Marras non veste semplicemente i corpi, ma racconta storie di ribellione elegante e di creatività pura, facendo della moda uno spazio politico e poetico allo stesso tempo.

Una palette che racconta emozioni

La dimensione cromatica diventa qui il vero terreno narrativo della collezione, un viaggio nella memoria che evoca paesaggi, ricordi e stati d’animo. I colori scelti da Marras sono morbidi e sussurrati, ma allo stesso tempo vibranti, capaci di alternare delicatezza e profondità: il lilla e il cipria incontrano i toni caldi dell’oro e della sabbia, che si mescolano con il rame brillante e le sfumature più intense del cioccolato, del prugna e del nero stinto. Ogni tessuto porta con sé una stratificazione di segni: check, righe jacquard, damaschi, pizzi, pois, velluti, tappezzerie scolorite, arricchiti da fiori sparpagliati e bouquet che sembrano sbocciare in passerella come giardini segreti. La maglieria, con i suoi ricami preziosi, diventa quasi pittura; i dettagli sembrano disegnati ad acquerello, trasformando il tessuto in superficie artistica. In questo dialogo costante tra consistenze e fantasie, Marras abbatte la distinzione di genere: uomini e donne indossano gli stessi materiali, interpretandoli in maniera diversa, ribadendo il valore della fluidità e la capacità della moda di superare confini prestabiliti per aprirsi a nuove possibilità di espressione.

La Sardegna come luogo dell’anima

Al cuore di questa narrazione si colloca la Sardegna, non solo come fonte di ispirazione estetica, ma come luogo simbolico e identitario. Marras porta in scena un patrimonio culturale vivo, fatto di tradizioni millenarie che resistono al tempo e diventano linguaggio contemporaneo. In passerella sfilano autentici pezzi di costumi tradizionali sardi, selezionati non per essere reinventati ma per essere mostrati nella loro integrità, come atto di rispetto e condivisione. Ogni capo tradizionale racconta una storia: mani che hanno cucito, famiglie che hanno tramandato, comunità che hanno custodito un sapere antico. Marras sceglie di non appropriarsi di questa eredità, ma di presentarla nella sua purezza, come dono al pubblico e come invito a riconoscere nella tradizione una forma di lusso collettivo. La Sardegna diventa così crocevia di culture e narrazione universale, un ponte che unisce passato e presente, radici e futuro, trasformando l’isola in una metafora di appartenenza e in un manifesto di identità da difendere.

Un atto di resistenza poetica

La collezione si chiude con un messaggio forte e necessario: la bellezza non è solo estetica, ma è soprattutto resistenza, memoria e difesa di ciò che ci appartiene. Marras rende omaggio al pastore Giuseppe Ignazio Loi, simbolo di una Sardegna fiera e ostinata, che per decenni rifiutò di vendere la propria terra a un grande gruppo immobiliare, diventando emblema di dignità e radici. La sua storia dialoga con quella del Bloomsbury Group: entrambi hanno incarnato, ciascuno a suo modo, una forma di ribellione poetica e intellettuale, opponendosi alle pressioni esterne per difendere ciò in cui credevano. Marras traduce questa eredità in una moda che non si limita a vestire, ma a raccontare un’identità collettiva, a ricordare che la memoria è un patrimonio da preservare, a sottolineare che lo stile può farsi racconto civile. La SS26 è quindi più di una collezione: è un atto d’amore verso la propria terra, verso la cultura come bene comune e verso la moda come linguaggio capace di trasmettere storie, valori e visioni senza tempo.

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