Alla 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il sipario cala con Chien 51, il nuovo film di Cédric Jimenez, che trasforma il Lido in una finestra spalancata sul futuro. Ambientato in una Parigi del 2045, cupa e frammentata, il film ci trascina in un mondo governato da barriere sociali invalicabili e da Alma, un’intelligenza artificiale capace di ricostruire scene del crimine e individuare sospetti con una precisione algoritmica spaventosa.
Quando l’inventore di Alma viene assassinato, l’indagine mette insieme due poliziotti agli antipodi: Salia (Adèle Exarchopoulos), pragmatica e lucida, e Zem (Gilles Lellouche), disilluso e rabbioso. Insieme, attraversano le fratture di una città sorvegliata e divisa, fino a scoprire che il sistema che li governa è esso stesso l’arma più letale.
Jimenez, già autore di Bac Nord e Novembre, chiude così la sua ideale trilogia sulla polizia, portando nel futuro temi brucianti del presente: controllo sociale, disuguaglianza, giustizia automatizzata. La regia è nervosa e muscolare, il ritmo serrato, le atmosfere intrise di claustrofobia urbana. Il cast corale — da Louis Garrel a Romain Duris, fino a Valeria Bruni Tedeschi — aggiunge densità a una narrazione che fonde noir, distopia e critica sociale.
Il punto di forza del film è la sua capacità di essere “specchio del domani” senza cadere nel puro esercizio di stile: i checkpoint, i droni e la sorveglianza di massa non appaiono come fantascienza, ma come una proiezione inquietante del nostro presente. Se la struttura thriller non sorprende per originalità, la potenza visiva e la riflessione politica restano incisive.Con Chien 51, Venezia 82 si chiude con un’opera che scuote, interroga e mette in discussione: un film che non consola, ma costringe lo spettatore a guardare dove stiamo andando.
