Mel Gibson torna alla regia: con “Flight Risk – Trappola ad alta quota” il brivido è a 10.000 metri d’altitudine

Mel Gibson torna dietro la macchina da presa e lo fa con il piede premuto sull’acceleratore

a cura della Redazione

Flight Risk – Trappola ad alta quota è un film d’azione solido, teso e volutamente minimalista, che conferma il gusto del regista per il cinema fisico e senza fronzoli. Un thriller aereo claustrofobico che si consuma tutto in 90 minuti, tra paesaggi montani innevati e una cabina di pilotaggio che diventa teatro di menzogne, bluff e istinto di sopravvivenza.

Il cuore del film è un trio perfettamente assortito: Mark Wahlberg, che abbandona il ruolo da eroe per vestire i panni di un killer sotto copertura; Michelle Dockery, agente determinata con un passato che pesa; e Topher Grace, nerd pentito, testimone chiave di un maxi processo contro la criminalità organizzata. Tutto inizia in Alaska, con l’arresto di Winston, il contabile di una gang mafiosa, e il suo trasferimento in aereo verso la giustizia. Ma il pilota scelto non è chi sembra essere. E l’altitudine non sarà l’unico rischio.

Flight Risk non pretende di reinventare il genere, ma sa come intrattenere: tensione ben dosata, ritmo serrato, dialoghi asciutti. Gibson, lontano dai suoi kolossal passati (Apocalypto, La passione di Cristo), torna a un cinema più piccolo nelle dimensioni ma non nell’efficacia. Lo spazio ristretto dell’aereo diventa una trappola perfetta, e anche se alcuni effetti speciali non sono impeccabili, il film riesce a tenere alta l’attenzione fino all’ultima virata.

Un piacere per chi ama l’action puro e duro, che strizza l’occhio ai classici del genere da Air Force One a Speed, con qualche venatura ironica e tanta voglia di spettacolo.

Lascia un commento

Your email address will not be published.