Virgil Abloh: il genio rivoluzionario del lusso e della moda

La duttilità e l’innata capacità di essere poliedrico hanno reso Abloh l’esempio perfetto del successo incarnato dall’uomo moderno

Gli esordi e la carriera

In poco più di dieci anni, Virgil Abloh è passato da essere lo spin-doctor di Kanye West con una laurea in architettura, a essere direttore creativo di Louis Vuitton, imponendosi di fatto come il creativo più influente del settore della moda – tratto facilmente allargabile al settore creativo tout-court. Classe 1980, l’acclamato stilista e artista nato a Rockford da genitori immigrati dal Ghana, debutta a 17 anni come dj con il nome di Flat White e dopo aver conseguito una laurea in ingegneria civile all’Università del Wisconsin, decide di intraprendere un master in architettura presso l’Illinois Institute of Technology.

Influenzato dalla cultura degli anni ’90, nel 2003 incontra John Monopoly, manager del noto rapper Kanye West, e comincia a disegnare il merchandising del rapper fino a diventarne il direttore artistico e occupandosi dei suoi tour mondiali come stylist. Tre anni dopo vola a Roma e raggiunge West per iniziare con lui uno stage da Fendi. Il rapper di Atlanta trova in Virgil la spalla perfetta per ambizioni, creatività e dedizione, nonché una figura pienamente in linea con i propri progetti per il futuro.

Dopo aver fondato nel 2012 il brand sperimentale Pyrex Vision insieme al rapper americano, Abloh decide di dar vita alla RSVP Gallery a Chicago, un concept store che ospita le opere di artisti provenienti dal mondo dell’arte e della moda, tra cui Raf Simons, Jeff Koons e Takashi Murakami. L’esperienza ottenuta attraverso questo progetto e soprattutto l’enorme attenzione mediatica attirata improvvisamente su di sé, hanno contribuito alla realizzazione del suo marchio, nato nel 2013, che gli ha consentito di ottenere un successo impareggiabile: Off-White.

Abloh è cresciuto in diverse realtà con status sociali differenti, dalle città alle periferie, anche da ragazzino si trovava sempre “nel mezzo”. Questo suo essere in “the middle” emerge anche dal suo stile; ha affermato infatti di aver trovato un giusto compromesso tra sartoria e streetstyle

“Tra sartoria e streetstyle. Tra formale e informale. Tra vecchie e nuove generazioni”, così rispondeva Virgil a una domanda, a confermare l’ideologia che lo contraddistingue. Un look che vada bene per le nuove generazioni e per i più adulti, che sia formale e informale al tempo stesso. 

Si occupa di abbigliamento donna e uomo ready-to-wear rivoluzionando in breve tempo il fashion system e la visione del lusso, conquistando il cuore dei Millennial con collezioni dal perfetto equilibrio tra street e chic.

Anno dopo anno i riscontri incredibilmente positivi ottenuti sul piano globale sono aumentati vertiginosamente, consentendo al designer di operare sempre con più frequenza in sinergia con altri marchi, rivoluzionando l’attuale mercato e ideando progetti sempre più innovativi. Ricordiamo le varie capsule collection rilasciate in collaborazione con Vlone e Moncler, passando per le più recenti con Evian e IKEA, fino alla fortunatissima e rivoluzionaria partnership con Nike.

Se oggi possiamo parlare di una notevole diffusione del fenomeno streetwear a livello mondiale, sicuramente gran parte del merito va attribuita anche alle iconiche grafiche con le “frecce incrociate” che troviamo stampate sul retro dei capi prodotti dal marchio, come anche le strisce diagonali sulle maniche delle hoodies o delle long sleeves, impreziosite da zip o stampe legate al mondo dell’arte, come nel caso della “Mona Lisa” o dei vari Caravaggio e Bernini.

Tutto questo interesse legato intorno alla propria figura e l’influenza capace di imporre sulle attuali generazioni hanno reso incredibilmente facile e ovvia la scelta da parte dei vertici di  Louis Vuitton, che gli hanno proposto il ruolo di direttore creativo del menswear del brand a partire dalla FW18.

Questa notizia  ha scosso e meravigliato tutto l’universo legato alla figura dell’artista, che è riuscito a ripagare le aspettative di tutti i suoi fan rivoluzionando totalmente l’universo LV, senza mai risultare equivoco o inadatto nel proprio ruolo e mantenendo saldi gli ideali chiave del brand, pur rivisitando diversi capi e riportando in auge anche le collezioni apparel di Louis Vuitton. Virgil Abloh era considerato un talento: la sua nomina era stata storica, in quanto primo afroamericano a ricoprire quel ruolo centrale nella moda francese e nel lusso globale.

A Miami sfila per l’ultima volta l’uomo Louis Vuitton di Virgil Abloh 

Lo scorso 28 novembre la famiglia ne annunciava la morte a soli 41 anni. Nel 2019 gli era stato diagnosticato un angiosarcoma cardiaco, una forma di cancro rara e aggressiva, per la quale si era sottoposto a «gravose terapie». Su questa Terra, nell’industria della moda, tra noi. Virgil was here, Virgil è stato qui.

La sfilata dedicata a Virgil Abloh si è svolta a Miami il 30 novembre alle 17:30. E tramite le piattaforme di Louis Vuitton su YouTube, Instagram e sul sito web della maison. Era già stata programmata da tempo e ha portato in passerella parte della collezione uomo Primavera/Estate 2022 di Louis Vuitton. Gli ospiti sono stati accolti da uno spazio espositivo con alberi, una mongolfiera rossa con il monogramma LV, un labirinto di panchine e al centro una gigantesca statua colorata di Virgil, da lui stesso commissionata. 

Strawberry Fields Forever dei Beatles risuonava con uno show di fuochi pirotecnici sullo sfondo, luci volanti sui droni si allineavano a formare un aereo di carta che ha sfrecciato poi verso l’ignoto componendo la frase “Virgil was here”. La sfilata, programmata prima della morte dello stilista, è stata una celebrazione del suo contributo vitale alla moda degli ultimi anni. 

Così si apre la parata dello stile con cui sarà per sempre ricordato Virgil: un mix di continua tensione e gioco degli opposti tra streetwear ed eleganza haute de gamme. Abbigliamento sportivo di ispirazione rave, giacche realizzate con volantini Metalheadz degli  anni ’90, accessori olografici e felpe con cappuccio tie-dye psichedeliche fluorescenti sono stati seguiti dai pezzi sartoriali grigi, dimostrando la versatilità del designer. 

Shorts e bomber in denim stampato con logo, silhouette con giacche e pantaloni della tuta in acetato oppure pantaloni slim leggermente a zampa con slit, ovvero aperture frontali, turtle neck stampa scacchi, blazer in pelle arcobaleno degradè oppure bicolor, una versione Tye dye sull’azzurro che ricorda la celebre stampa magrittiana a nuvole del 2019. E ancora, lunghi coat con gilet padded che disegnano la cassa toracica, cappellini amish, maxi-guanti a metà strada tra una manopola da sci e un guanto da moto, un suit interamente stampato con un paesaggio montano, spalle importanti su tutti i capispalla e tanti completi giacca e pantaloni.

Suit azzurro cielo, menta, rosso e verde fluo, tutti colori cari a Virgil, per finire con il bianco ottico e spiritosi revers ondulati. Sneakers con suola a contrasto e boots da pugile, con colbacchi di pelliccia, borse a tracolla e una stampa fumetto. Compare anche una gonna a ruota nera, una stampa a fiori che invade il damier della Maison, pelliccia maxi da rapper maculata o con inserti colorati in tinte fluo, zaini tecnici con pochette, marsupi a valigetta e borse bauletto squadrate. In un’atmosfera tra skater e samurai.

Molte star presenti: Rihanna, A$AP Rocky, Kim Kardashian, Kanye West, North West, Pharrell Williams e Bella Hadid, per citarne alcune; ma il pubblico comprendeva anche persone che Virgil ha supportato e con cui ha lavorato durante la sua carriera. Molti erano giovani creator della moda, come Luka Sabbat, Kerby Jean-Raymond e Samuel Ross di A-Cold-Wall*, che ha iniziato il suo percorso come assistente di Virgil, oltre a collaboratori di lunga data come Tremaine Emory e Silvia Venturini Fendi, per i quali Virgil ha lavorato come stagista.

Alla sfilata c’erano anche diversi rapper, tra cui Gunna, 21 Savage, Lil Baby, Metro Boomin, Offset, Quavo e Kid Cudi; quest’ultimo si è esibito anche all’after-party, insieme a Erykah Badu. Anche la famiglia Arnault, proprietaria di Louis Vuitton, era presente. Il fashion show è stato curato da Ib Kamara, che insieme al team di Louis Vuitton si è inchinato nel mezzo di una standing ovation a fine sfilata.

di Virginia Scarano

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