Amiamo le diversità, esaltiamo l’unicità

In parte sarà per i viaggi, in parte per la massiccia immigrazione che ha silenziosamente colonizzato l’occidente, ma è innegabile che ci troviamo di fronte a un crogiolo di culture e di razze mai visto prima. Roma aveva aperto molti orizzonti con le sue conquiste, popolazioni barbare avevano invaso l’impero agonizzante portando mutamenti culturali e sociali. Poi Marco Polo e Cristoforo Colombo, con le loro scoperte di aree geografiche nuove, avevano dato ulteriori aperture, ma nulla di paragonabile alla situazione che stiamo vivendo. Complice di questo abbattimento di barriere è stato sicuramente internet: possiamo parlare con tutto il mondo, qualunque notizia ci arriva in tempo reale. Si consumano storie d’amore a migliaia di chilometri di distanza e, a volte, per periodi non troppo lunghi, può funzionare, perché la sera ci si può anche dare il bacio della buonanotte in diretta, con la web-cam.

Viviamo ormai in un villaggio globale. All’inizio sembrava interessante, addirittura stimolante, poi si è scoperto che non tutto era così facile. Le culture sono tante, le possibilità di fraintendersi pure. Ognuno ha le proprie regole, ognuno ha il proprio Dio. Impossibile andare d’accordo? Dobbiamo richiudere tutto?

Ormai non è più fattibile. Allora, proviamo a capire come può funzionare. Abbiamo parlato di ‘villaggio globale’ a cui siamo arrivati. Ebbene oggi sappiamo che da un villaggio globale siamo anche partiti. Le bellissime ricerche genetiche e antropologiche, di cui anche l’italiano Cavalli-Sforza è stato partecipe, hanno dimostrato che la razza umana è partita da un punto tra l’Africa e il Medio Oriente e da lì si è diffusa in tutto il pianeta. Il nostro patrimonio genetico, il DNA, ce lo dimostra. E anche le lingue, così come le culture e le religioni, si sono diversificate man mano che si allontanavano dal punto di origine, con evoluzioni più o meno rapide a seconda dei popoli o dei luoghi, in rapporto anche alla minor o maggior facilità di vita.

Ma non ci siamo differenziati più di tanto nei bisogni psicologici più profondi. Ogni popolo ha utilizzato ciò che lo circondava creando forme, immagini, mode, dipendentemente dall’ambiente intorno, dai materiali che poteva trovare, ma il modo di capire, intendere, amare, i bisogni più veri sono sempre stati gli stessi. Ce lo dimostra il linguaggio universale che il grande psicanalista E. Fromm ha così ben studiato, che ancora tutti comprendiamo e che tutti parliamo ogni notte, nei sogni: il linguaggio simbolico dell’inconscio, fatto di immagini archetipe, antiche quanto la storia dell’uomo.

E allora impariamo a vivere questa globalizzazione come un vero arricchimento, quale è.

Rispettiamo le culture degli altri, ma insegniamo anche agli altri a rispettare la nostra, perché la vera ricchezza è unire le diversità, ma lasciando, apprezzando, a volte anche esaltando le caratteristiche, i valori di ognuna. Non un amalgama informe, ma tanti piccoli capolavori. Questo è ben apprezzabile sia nei popoli sia negli individui che hanno imparato a farlo, come dimostrano le coppie che funzionano, in cui l’uno non viene appiattito e schiacciato dall’altro, ma ognuno è valutato e apprezzato per ciò che sa e può dare. Come ci dimostra la moda con i suoi colori, le sue forme diverse, ma ugualmente affascinanti e seduttive, da qualunque parte del mondo arrivino.

 

(di Marina Zaoli)

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