Photo Vogue Festival 2020: la fotografia che interpreta il mondo

Photo Vogue

Photo Vogue Festival 2020: la fotografia è il linguaggio per interpretare il mondo

Alessia Glaviano, Brand Visual Director di Vogue Italia, è la voce narrante della rassegna stampa dedicata al Photo Vogue Festival 2020. L’evento promosso da Vogue Italia è giunto con successo alla sua quinta edizione e, data la situazione attuale di emergenza globale, migra su una piattaforma digitale ideata appositamente per ospitare mostre, talk e proiezioni. “Cerchiamo di prendere il buono, come la possibilità di avere ospiti che vengono da ogni parte del mondo”, dice sorridendo Glaviano, raccontandoci un aneddoto su come è nata l’idea che risiede dietro questo evento tanto atteso.
“Durante il lancio dello scouting per la mostra ALL IN THIS TOGETHER il virus era appena scoppiato e, discutendone con Andrea Farneti, abbiamo deciso di dedicare gran parte del festival a quello che stava succedendo”. Dietro gli scatti protagonisti della mostra risiede il tentativo di costruire un futuro di diversità ed inclusione nel mondo della moda e dell’immagine, creando un ponte tra etica ed estetica.

Il background

Photo Vogue nasce nel 2011 come comunità caratterizzata da un forte senso di solidarietà, ed oggi conta oltre 230.000 fotografi amatoriali e professionisti da ogni parte del mondo. C’è una nuova generazione di fotografi d’arte e di moda che vengono chiamati “socially conscious” per via della loro capacità di introiettare dei temi sociali all’interno delle loro immagini, senza diventare mai pesanti.
Sono essi stessi parte integrante delle loro immagini, in quanto queste rispecchiano a pieno i loro ideali, quello in cui credono e si identificano. “Respirare in questo periodo un forte senso di comunità nei piccoli gesti della gente, come ad esempio aiutare un vicino a fare la spesa oppure suonare una canzone sul balcone per allietare gli altri, mi ha scaldato il cuore e mi ha spronata a creare questa mostra” conclude Alessia Glaviano, prima di lasciare la parola alle quattro artiste e curatrici della seconda mostra “IN THE PICTURE – Shifting perspectives in fashion photography”.

Un dialogo con le protagoniste

Alexandra von Fuerst, Camila Falquez, Nadine Ijewere e Ruth Ossai sono le fotografe di moda “socialmente consapevoli” che hanno dato vita a scatti incredibilmente potenti che parlano di gender, femminismo e squilibri razziali. Nella conferenza stampa di oggi sono Alexandra e Camila a parlare, quest’ultima esordendo con un timido “I wish I could answer in italian, but I am working on it”.
Von Fuerst introduce il suo lavoro spiegando come oggi viviamo in un periodo dove stiamo rivalutando i nostri ideali e per questo aprire le frontiere della mente non è solamente astuto, ma fondamentale. Per l’artista la moda è uno spazio che permette di esprimere una libertà sociale, politica, ambientale e sessuale, rendendo così esplicito il legame tra queste realtà e la bellezza, esaltata dalla combinazione di moda e fotografia.
Alexandra prosegue affermando “la mia arte è la condivisione della bellezza, che può aiutare il mondo a riscoprire il femminile: per me la creazione di ogni cosa dentro l’uomo, la donna, la natura”. In ultima istanza l’artista specifica che non considera il suo approccio alla fotografia strettamente legato al mondo della moda, ed esprime un pensiero affettuoso nei confronti delle altre fotografe che hanno collaborato con lei in questo progetto ambizioso, dichiarando in loro delle somiglianze nel lavorare con il cuore.
É il turno della Falquez, che esordisce esprimendo il forte senso di responsabilità che ha la moda nel plasmare i desideri e le aspirazioni della società, dando dignità anche alle voci più irrilevanti. L’artista parla a nome di tutte le donne, incoraggiandole ad esprimere la propria libertà nel modo in cui si sentono, non come è stato loro insegnato. Anche lei dedica un pensiero alle sue colleghe spiegando come, nonostante provengano da ambienti e da background differenti, parlino allo stesso modo e si capiscano. “Tutte stiamo cercando di rompere gli schemi e non solo in modo estetico, e questo è potente. Diamo ai nostri soggetti la possibilità di esistere attraverso le foto”, conclude.
L’ultimo a prendere parola è Emanuele Coccia, filosofo ed esperto di moda, che annovera il festival come un evento di influenza mondiale definendo Photo Vogue “un laboratorio di riflessione culturale ed estetica, uno spazio di invenzione culturale e morale dove è evidente che la moda non sia solamente un sistema produttivo ma un vero e proprio cavallo di troia per entrare nella vita delle persone e costruire un senso di comunità che rivoluzioni i costumi e corregga le norme”.
Nonostante la mostra sia interamente digitale, per tutta la sua durata saranno situati nelle zone più centrali di Milano dei maxiled firmati Urban Vision che mostreranno le opere offrendo un’autentica mostra a cielo aperto.
 
di Martina Tronconi

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