“La bellezza rubata” di Laurie Lico Albanese

Un’affascinante giovane donna siede con le mani intrecciate, lo sguardo malinconico e sognante, le labbra dischiuse, un intenso color oro inonda la tela: è la Monna Lisa austriaca, è il Ritratto di Adele Bloch-Bauer I di Gustav Klimt, creato nella scintillante cornice viennese della Belle Époque. “Lei è regina e seduttrice, un’ebrea intrappolata in un mondo perduto”.

Ne “La bellezza rubata”, il nuovo romanzo della giornalista Laurie Lico Albanese, emerge la verità sull’iconica riproduzione di colei che venne definita la Regina di Vienna, in una parentesi novecentesca di euforia artistica, decadentismo, guerra e antisemitismo. La creazione, il successo e il furto del Ritratto scandiscono i tempi della narrazione, che con un ritmo incalzante e coinvolgente segue gli eventi del Novecento attraverso gli occhi di Adele Bloch-Bauer, discendente di una facoltosa famiglia ebrea, e della nipote prediletta, Maria Altmann.

Il romanzo è dedicato alla scoperta della bellezza: Adele, poco più che ventenne, scopre sé stessa grazie ai quadri di Klimt, che la ritraggono musa e seduttrice. Divenendo poi la sua amante, inizia un percorso di crescita nei meandri della femminilità e della sessualità, scontrandosi con i tabù e le convenzioni imposte dalla società e dal marito; studia l’arte e il suo simbolismo, e al piacere derivato dalla relazione extraconiugale si aggiunge quello di una nuova libertà intellettuale che la rende una letterata e una mecenate, punto di riferimento della società austriaca durante i ricevimenti privati.

Lo stesso cammino verso la costruzione di un io-donna ha inizio per Maria durante la sua infanzia, unico momento in cui le vite delle protagoniste si intrecciano. Adele, avendo un particolare attaccamento nei suoi confronti, la istruisce sin dalla tenera età: “Mia sorella poteva insegnarle a mandare avanti la casa alla perfezione e diventare un’ottima moglie, madre e ospite. Ma ero io che potevo insegnarle la letteratura, i libri e la vita della mente. Ero io che potevo parlare di verità, bellezza e tragedia, e di come fossero dipendenti una dall’altra come la notte dal giorno!”.

A seguito della morte della mecenate, la persecuzione degli ebrei in Austria spinge una Maria ormai cresciuta e il marito a fuggire prima in Inghilterra e poi in America, sperando di trovare la pace. I nazisti li hanno privati degli affetti, della casa e dell’amato e prezioso ritratto di zia Adele. Sarà proprio nel tentativo di fare giustizia, che Maria Altmann ingaggerà una lotta legale e mediatica fra il 1998 e il 2006 contro il governo austriaco per recuperare la “bellezza rubata”, il Ritratto esposto nel Belvedere di una Vienna colpevole di aver tradito la sua famiglia e gli ebrei.

Adele Bloch-Bauer e la sua determinazione emergono così nella nipote, consapevole del fatto che la più grande eredità non sia il dipinto, ma il suo significato allegorico: “La storia raccontava una cosa importante che volevo far capire a mia nipote: non solo la vulnerabilità di una giovane donna, ma la volontà di sopravvivere e resistere”.

di Ginevra Bonina

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